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 Politica Riduci

Bankitalia, una mozione
che fa perdere la testa

Il voto parlamentare sulla Banca d’Italia promosso dal Pd ha scatenato una bufera: ma il Parlamento ha tutto il diritto di pronunciarsi su qualsiasi problema. Quanto a Visco, probabilmente ha sbagliato, ma non più dei suoi predecessori, compreso Ciampi. E va anche considerato che il nostro sistema bancario, in una crisi peggiore di quella del ’29, ha avuto bisogni di interventi che a fronte di quelli degli altri paesi sono irrisori

(pubblicato su Repubblica.it il 23 ott 2017) 

La bufera suscitata dalla mozione parlamentare di critica alla Banca d’Italia promossa dal Pd merita qualche riflessione. Cominciamo col dire che il governatore Ignazio Visco come persona c’entra assai poco. Non ha fatto né meglio né peggio di altri suoi predecessori, soprattutto considerando che si è trovato ad operare nel periodo di una crisi economica che ha abbondantemente superato come effetti quella del 1929. E sicuramente non ha fatto peggio dei governi che nel corso di questa crisi si sono succeduti: se ci si mette a fare la conta degli errori, difficile stabilire chi ne abbia fatti di più.

In quello che è accaduto il caso ha avuto un suo peso. La mozione del Pd probabilmente non ci sarebbe stata se non si fosse dovuto votare su altre due mozioni simili, quella dei 5S e della Lega. Nel clima pre-elettorale e con i tanti risparmiatori colpiti dai bail in, prima delle quattro banche del centro Italia e poi delle due venete, il Pd non poteva votare contro e basta, lasciando a quei partiti il ruolo di difensori  contro le banche cattive. Certo, avrebbe potuto presentare una di quelle mozioni che non dicono sostanzialmente nulla: ma per Renzi che ha appena iniziato la sua campagna elettorale l’occasione era troppo ghiotta per farsela sfuggire. Due piccioni con una fava: ergersi a paladino dei risparmiatori e attribuire ad altri tutte le colpe.

Ne è venuto fuori quello che qualcuno è arrivato a definire “un atto sedizioso” e altriIgnazio Visco e Matteo Renzi un attentato all’indipendenza della Banca centrale. E qui siamo nella confusione: una mozione parlamentare può essere un atto sedizioso? Il rispetto dell’indipendenza della Banca centrale – su cui, peraltro, ci sarebbe da discutere: non è una verità rivelata – significa che non può essere criticata? Non scherziamo. Ma – si dice – questo atto è arrivato in un momento delicatissimo, con l’attuale governatore in scadenza: il segretario del partito di maggioranza, che è anche l’”azionista di riferimento” del governo, ha voluto forzare la mano a coloro cui spetta la scelta, ossia il governo stesso e il presidente della Repubblica. E allora? Perché mai questo non sarebbe legittimo? Un partito ha chiamato il Parlamento ad esprimersi su un problema di grande rilevanza, e il Parlamento si è espresso. Dove sta scritto che non dovrebbe farlo? L’obiezione che siccome non è previsto il suo parere formale nella procedura della nomina dovrebbe astenersi dall’occuparsene è assurda: il Parlamento è sovrano e si occupa di ciò che vuole. Stiamo molto attenti ad affermare che ci sono materie su cui il Parlamento non deve pronunciarsi. E ci stiano attenti in particolare quelli che tutti i giorni criticano la tecnocrazia.

Si può certo parlar male di Renzi, e in questo blog se ne è parlato sempre malissimo; ma in questo caso, per contrastare una sua mossa, si stanno mettendo in questione le prerogative dell’istituzione centrale del sistema democratico, cioè il Parlamento.

E veniamo a Bankitalia. Che è sicuramente autorevole ed è tra le istituzioni italiane di maggior prestigio, ma: non è infallibile; se sbaglia può e deve essere criticata; ha sbagliato in passato, prima di Visco, e sbaglierà ancora in futuro, con altri governatori. Non è certo la sola banca centrale che sbagli, e, a vedere i fatti, sbaglia meno delle altre. Abbiamo già dimenticato quanti miliardi di euro hanno speso gli altri paesi per salvare i loro sistemi bancari? A fronte di quelli, l’Italia ha dovuto impiegare solo spiccioli, e magari l’azione di Bankitalia c’entrerà pure qualcosa.

Ignazio Visco ha sbagliato? Probabilmente sì. Più degli altri governatori? Probabilmente no. Vorremmo qui ricordare una vicenda del passato, quella dei Banchi meridionali, Banco di Napoli e Banco di Sicilia. Due disastri non meno gravi – anzi, forse di più – di quelli a noi più vicini, causati da gestioni rischiose e sbagliare e conclusi con salvataggi e assorbimento da parte di altre banche. Ebbene, come istituti di credito di diritto pubblico nei loro consigli di amministrazione sedevano anche rappresentanti di Tesoro e Bankitalia, che nulla dissero negli anni in cui le banche andavano in rovina (o, se dissero, non furono ascoltati). Furono crisi che, seppure gestite nella loro fase finale dal governatore Antonio Fazio, erano maturate mentre al vertice di Bankitalia c’era Carlo Azeglio Ciampi, unanimemente riconosciuto come un “padre della patria” e che certo da quelle vicende non ebbe danni di reputazione, visto che in seguito fu ministro del Tesoro, presidente del Consiglio e poi della Repubblica. Insomma, quello del central banking è un mestiere difficile, oltre che di grande delicatezza: gli errori si fanno e li fanno tutti, e quando si giudica un governatore bisogna riempire entrambi i piatti della bilancia, quello degli errori ma anche quello dei successi (o degli errori evitati).

E dunque: il Parlamento ha dato un suo parere ed era del tutto legittimo che lo facesse. La designazione spetta ad altri soggetti (governo, presidente della Repubblica) che metteranno quel parere, insieme ad altre cose, su un piatto della bilancia, ma non trascureranno di riempire anche l’altro. La decisione non è scontata.


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