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 Cronache

Indecisi a tutto

(13 dic 2006)

TurcoW.gifCaso Welby, solo la ministra
ha ancora dei dubbi

Coraggio, ministra Turco, che persino Giovanni Reale, il filosofo di Wojtyla, ha detto che nel caso di Piergiorgio Welby non si può parlare di eutanasia. La smetta di cercare qualcuno che prenda la decisione per lei, non c’è bisogno del Consiglio superiore della Sanità per capire come stanno le cose. Ogni ora di rinvio è un’ora in più di sofferenza per una persona che ha detto in tutti i modi che non vuol più essere trattenuto in questo mondo in modo artificiale, contro natura (posto che questa formula significhi qualcosa). E cerchi – cercate, voi politici – di evitare l’estrema, crudele ipocrisia: staccare la spina sì, ma poi lasciare che Welby muoia soffocato, senza alleviargli in alcun modo il trapasso.

 

Attualmente tutti coloro che impediscono a Welby di porre fine alle sue sofferenze sono fuori legge e dovrebbero essere perseguiti. La legge n. 145 del 28.3.2000, che recepisce la “Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina” approvata dal Consiglio d’Europa, stabilisce: “Nessun intervento in campo sanitario può essere effettuato se non dopo che la persona a cui esso è diretto abbia dato un consenso libero e informato. La persona può in ogni momento ritirare liberamente il proprio consenso”. Ma i nostri padri costituenti ci avevano pensato ben prima. Recita l’articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

 

Già, ma chi si prende la responsabilità non solo di permettere il distacco del respiratore artificiale, ma anche di autorizzare quell’iniezione che eviterebbe la sofferenza di una morte per soffocamento? Meglio fare una figura da ipocriti e vigliacchi che rischiare di essere poi accusati di omicidio dai disumani pasdaran della vita a tutti i costi. Meglio prendere tempo, chissà che Welby non faccia il favore di morire per suo conto, nonostante le macchine. Così poi il problema si potrà rinviare indefinitamente. Ma intanto Welby soffre inutilmente? Eh, che peccato… Non c’è nessuno che non sia capace di sopportare con perfetta rassegnazione cristiana le sofferenze altrui.

(vedi anche: I crudeli pasdaran della vita)

 

 

previti piccW.gifSette mesi non sono bastati
per far decadere Previti

 

Il 24 maggio è una data da ricordare per almeno due motivi. Il primo lo sanno tutti: durante la prima guerra mondiale, i fanti attraversarono il Piave per la controffensiva che ci avrebbe portato alla vittoria. Il secondo è meno noto: il 24 maggio scorso la procura di Milano ha trasmesso una nota alla Giunta delle elezioni della Camera facendo presente che Cesare Previti, in seguito al processo Imi-Sir, era stato condannato a sei anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, e quindi doveva decadere da deputato. L’avvocato Previti dichiarò subito che si sarebbe dimesso immediatamente, senza aspettare la decisione della Giunta. Ma la lettera che sostiene di aver scritto in Parlamento non è mai arrivata. Adesso, poi, dopo il capolavoro della Cassazione che lo ha liberato dalla condanna per il caso Sme già inflitta in primo e secondo grado, stabilendo che si debba rifare il processo mentre sta per scattare la prescrizione, ha proprio cambiato idea: di dimettersi non ha proprio intenzione, anzi, proclama che sarebbe un’ingiustizia. E naturalmente sta per presentare un ennesimo “ricorso straordinario”, esercizio in cui è indiscusso maestro.

 

Ora, che l’avvocato di Belusconi, fra piratesche tecniche processuali, leggi ad personam, indulti e inaudite decisioni della Cassazione sia riuscito ad evitare la galera, purtroppo è un dato di fatto. Ma che i deputati tardino ancora a cacciare dal Parlamento un corruttore, uno che per difendersi ha dichiarato in tribunale ma no, mica era una tangente, era “solo” evasione fiscale, ecco, questo ritardo davvero non si riesce a capirlo. Dal 24 maggio sono passati sette mesi: sette mesi in cui non si è riusciti ad applicare quello che la legge aveva disposto. Ma che aspettano?

(vedi anche: Giustizia è sfatta)


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