E Scalfari disse:
"Andiamo alla Magliana"
Affari & Finanza compie 30 anni. Un ricordo di quando nacque, con una redazione di tre persone composta da Peppino Turani, da Sandra Carini e da me. Scalfari ci portò a vedere le prime copie uscire dalle rotative. Ci sarei rimasto 14 anni, di grande lavoro ma anche con parecchie soddisfazioni
(pubblicato su Repubblica.it il 24 ott 2016)
"Dai, andiamo alla Magliana a veder uscire le prime copie". Un Eugenio Scalfari di buon umore e un po' eccitato ci coglie quasi di sorpresa arrivando quella mattina all'"isola" di quattro scrivanie che allora bastavano per la redazione di Affari & Finanza (anzi, una era ancora vuota: ci si sarebbe seduto dopo un paio di settimane Adriano Bonafede, che avevo suggerito di assumere). Davanti a me era seduto Peppino Turani, a cui Scalfari aveva affidato il settimanale economico e alla mia destra Sandra Carini. Era stata lei a propormi di passare a Repubblica per la nascita del nuovo supplemento, che sarebbe stato seguito dopo qualche tempo dal Venerdì. Ci eravamo conosciuti durante le lunghe attese nel cortile di Palazzo Chigi durante i consigli dei ministri che preparavano le Leggi finanziarie, che io seguivo per il Messaggero. Eravamo al secondo piano della redazione di Piazza Indipendenza, a poca distanza dalle stanze della direzione.
Nel mese precedente, con Peppino e Sandra e il grafico Gianni Mascolo, avevamo dato forma ad Affari & Finanza, inventato le rubriche e le tabelle, deciso la scansione del giornale, con Scalfari che ci chiamava ogni tanto per discutere quello che stavamo facendo. I numeri zero coincisero con il primo numero, nel senso che non se ne fece neanche uno.
Così, quel giovedì 23 ottobre 1986 - i primi anni Affari & Finanza chiudeva il mercoledì per uscire il venerdì - andammo alla tipografia della Magliana. Oltre a Scalfari e a noi tre c'erano il vice direttore Gianni Rocca, il direttore generale Andrea Piana, il capo della Manzoni Lio Rubini e quello del marketing Giancarlo Turrini. Arrivammo proprio mentre la rotativa cominciava a sputare le prime copie, con in prima pagina l'editoriale di Scalfari e al centro un rettangolone con un disegno di Giorgio Forattini (all'epoca non ancora di destra), un busto di Gianni Agnelli in abito rinascimentale. Il "bambino", di colore non roseo ma salmone (Scalfari ci teneva molto a precisarlo) sembrava venuto bene, e tutti si dichiararono soddisfatti.
Cominciava così la parte forse più importante della mia vita professionale. Ad Affari & Finanza sarei rimasto per i successivi 14 anni, lavorando davvero molto. Per un paio d'anni la redazione rimase di tre persone (più Peppino, che però dirigeva e scriveva) e, da Milano, Gianfranco Modolo. Poi, certo, alla scrittura contribuivano anche altri di Repubblica, specie gli economici milanesi (da Antonio Calabrò a Nino Sunseri, da Fabio Tamburini a Sergio Luciano, quando fu assunto qualche tempo dopo). Ma il lavoro "di macchina" era tutto nostro, ed era davvero pesante, anche perché nel frattempo non rinunciavamo a scrivere. Non era rarissimo che arrivassi a toccare le 16 ore di lavoro.
Negli anni successivi la redazione si allargò progressivamente, prima con Nino Sunseri (che poi ripassò al quotidiano), poi con Eugenio Occorsio, Stefano Carli, Paola Jadeluca, Luisa Grion, Vittoria Puledda (anche queste ultime due tornarono poi in forza al quotidiano). Mai comunque più di sei persone. Dopo un paio d'anni Turani lasciò e responsabile divenne Sandra Carini, che qualche tempo dopo chiese a Scalfari di designarmi co-responsabile. Quando lasciò anche Sandra l'"a cura di" divenni io (questa era la formula che allora si usava per chi guidava i supplementi), fino al 2000, quando fu deciso un radicale mutamento di linea editoriale: A&F si sarebbe dovuto dedicare solo alla net-economy. Nonostante che fossimo stati fra i primi a dedicare una sezione del giornale a questi argomenti, non condividevo, e lasciai, anche se con grande dispiacere, perché quel giornale lo sentivo un po' una parte di me. Ma proprio per questo non me la sentivo di accettarne una completa trasformazione. Tornò Turani, con Marco Panara capo della redazione (com'è tuttora), finchè la net-economy non fu più una novità e si decise di cambiare di nuovo, tornando a una formula più simile alla precedente e affidando la supervisione a Massimo Giannini e poi a Fabio Bogo.
Ora Affari & Finanza compie 30 anni e il periodo da quando l'ho lasciato ha superato - anche se di poco - quello in cui ci ho lavorato. E però di quei 14 anni ricordo bene sia le arrabbiature (alla fine, non tante) che le soddisfazioni (e quelle sono state parecchie). Come quella volta che Marcello De Cecco mi disse "Siete il giornale di tutti i nostri studenti di economia", probabilmente anche grazie alle due pagine che avevo varato con i concorsi pubblici della settimana, ma anche le borse di studio e altre occasioni di lavoro. In seguito l'esempio sarebbe stato seguito da molti e sarebbero nati gli inserti "lavoro" e anche un paio di programmi tv. O quando si dovevano assegnare le frequenze Umts e, grazie a Gustavo Piga, demmo notizia della gara che si stava svolgendo in Uk: il giorno dopo la nostra uscita il governo, che aveva già stabilito di assegnarle a 500 miliardi di lire, cambiò la decisione e indisse anche in Italia una gara che fruttò allo Stato circa 27.000 miliardi. O i dibattiti che suscitammo sulla politica economica, quando ancora non esistevano i tanti siti internet dedicati a questi temi e gli spazi di discussione pubblica scarseggiavano. Insomma, tanti episodi di quelli che ti fanno pensare che il tuo lavoro ha un senso, il che nella vita è tra le cose più importanti.
Tanti auguri Affari & Finanza!