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 Europa Riduci

Cambiare le regole Ue?
Chiedere a Bruegel

L’Italia lo reclama da anni e l’ha ripetuto il presidente Conte, ma il commissario Moscovici ha replicato che “non è il momento”. Eppure il metodo con cui la Commissione Ue valuta i conti pubblici è oggetto ormai di una campagna internazionale che ne mostra l’assurdità. E ora persino il centro di ricerca europeo più istituzionale gli ha dedicato due saggi nettamente critici

(pubblicato su Repubblica.it il 21 giu 2019)

Nella trattativa con la Ue per evitare che sia aperta contro l’Italia la procedura di infrazione il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scelto giustamente una linea di dialogo. Il  governo, ha detto, sta lavorando sulle osservazioni della Commissione. Ma ha anche chiesto che le regole europee vengano riesaminate e cambiate.

Non è una richiesta di chi vuol fare il furbo. Il metodo con cui la Commissione valuta i conti pubblici è basato sull’output gap, cioè la differenza tra il Pil effettivo e quello “potenziale”. Come abbiamo spiegato in un recente articolo, questa metodologia è ormai screditata, considerata un “nonsense”, persino dagli economisti che seguono le teorie dominanti. Per giunta il metodo della Commissione è giudicato il meno attendibile persino rispetto a quelli analoghi del Fondo monetario e dell’Ocse.

La replica del commissario Pierre Moscovici è stata che non è questo il momento di pensare a cambiare le regole. Trascura però il fatto che l’Italia lo sta chiedendo ufficialmente da anni, con una nota nel Bilancio Programmatico 2015 (che è appunto quello che si invia ogni anno alla Commissione; il ministro era Pier Carlo Padoan). Da allora, nonostante i nostri ripetuti solleciti, il gruppo di lavoro che si occupa dell’argomento ha apportato solo qualche modifica marginale, come si può verificare dagli assurdi risultati della procedura. Nella stima diffusa negli ultimi mesi dello scorso anno, appena prima del peggioramento della congiuntura, per il 2019 il Pil potenziale dell’Italia risultava addirittura inferiore a quello effettivo: in altre parole, secondo quei calcoli, l’economia italiana stava entrando in una fase di surriscaldamento, stava crescendo troppo! Moscovici, allora, dovrebbe usare la cortesia di spiegare quando – secondo lui – sarebbe il momento giusto per cambiare veramente queste regole demenziali.

Potrebbe magari consigliarsi con Bruegel, centro di ricerca molto autorevole che negli ultimi giorni ha dedicato ben due circostanziate analisi alla questione. Una è di Zsolt Darvas, che osserva come dalla periodica revisione delle stime si rilevi tra l’una e l’altra uno scostamento medio dello 0,5%, ossia la stessa percentuale dell'aggiustamento di bilancio di riferimento secondo le norme Ue. “Trovo inaccettabile che l'UE si basi fortemente su un indicatore (il saldo strutturale) per il quale la revisione tipica di un anno della stima è la stessa dell'azione politica di riferimento richiesta. (…)Il problema è che le regole di bilancio  specificano obiettivi numerici a breve termine sia per il livello che per la variazione del saldo di bilancio strutturale. Pertanto, l'imprecisione delle stime si traduce in decisioni di politica di bilancio”. E conclude: “L'UE dovrebbe eliminare le regole che si basano sulle stime del bilancio strutturale e sfruttare questa opportunità per riformare radicalmente il suo quadro fiscale”.

L’altra analisi è di Konstantinos Efstathiou, che fa una vasta rassegna degli studi che demoliscono i calcoli dell’output gap e del saldo strutturale, iniziando da quello di Robin Brooks di cui si è parlato su queste pagine. Richiama anche Adam Tooze e la sua definizione della disoccupazione strutturale, che “equivale approssimativamente a una media mobile dei risultati passati”. Questo, osserva Efstathiou , “è il canale diretto della prociclicità: il PIL potenziale è essenzialmente una media mobile dei risultati economici del passato e si "piega meccanicamente verso il basso" quando i risultati sono negativi (e viceversa). Una misura pro-ciclica è quella che aumenta la tendenza, ossia che se l’economa va male, applicando quella andrà ancora peggio. E questo provoca il fenomeno dell’”isteresi”, cioè rende permanenti, in una parte più o meno grande, i danni di una recessione.

Un covo di rivoluzionari, questo Bruegel? Non proprio. Questa è la breve presentazione che se ne fa sul sito del nostro ministero dell’Economia. Chi poi ci voglia aggiungere un pizzico di pepe, può leggere anche quest’altro articolo. Insomma, un centro studi che più istituzionale non si può, e dove si dice chiaro che le regole di bilancio europee, quelle in base alle quali continuano a chiederci tagli e risparmi, non valgono la carta su cui sono scritte. Conte – come prima di lui Padoan – ha dunque più di una ragione per chiedere di rivedere quelle regole. Ma per Moscovici (e per la Commissione, e per i nostri partner europei) “non è il momento”.


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