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 Politica Riduci

Le divisioni del Papa

 

L’improvvida iniziativa dell’invito al Pontefice da parte del rettore della Sapienza e le reazioni che ha provocato hanno spaccato il mondo accademico e quello politico. La contestazione dei docenti era condivisibile, ma l’opposizione alla presenza di Benedetto XVI politicamente sbagliata: si poteva fare qualcosa di diverso

 

(18 gen 2008)

 

L’improvvida iniziativa dell’invito al Pontefice da parte del rettore della Sapienza, Renato Guarini, e le reazioni che ha provocato hanno spaccato il mondo accademico e quello politico. E’ stata, però, una commedia degli errori in cui hanno perso tutti, tranne, paradossalmente, Joseph Ratzinger che è riuscito a far la figura del perseguitato e, diffondendo comunque il discorso che avrebbe dovuto tenere, è riuscito – probabilmente, grazie all’atmosfera concitata – a far titolare i giornali “Non voglio imporre la fede a nessuno”, cosa “politicamente corretta” ma che è il contrario della sua filosofia.

 

L’invito da parte del rettore era certamente sbagliato. E’ vero che l’inaugurazione dell’anno accademico è una cerimonia e non un congresso scientifico, e quindi il suo specifico è la forma e non la sostanza. Ma è proprio in questo che consiste il grave errore. La forma non è ininfluente, la forma è un messaggio. E questo Papa, come ricorda Marcello Cini nella sua bella e indignata lettera, che personalmente sottoscriverei fino all’ultima parola tranne la proposta di ostracismo, è il teorico del fatto che la ragione non può prescindere dalla fede, anzi, di fatto su di essa si fonda.

Non vuole imporre la fede a nessuno, dice, ma allo stesso tempo sostiene che senza la fede la ragione non esiste, quindi chi non ha la fede (quale è interpretata da Santa Romana Chiesa, e per essa dal suo infallibile Pontefice) non può che sbagliare alla radice.

 

Invitare questo Papa alla più importante cerimonia formale dell’università, dunque, significa riconoscere legittimità a questa posizione. Proprio perché non è un convegno scientifico, dove si confrontano – ed è bene che si confrontino – le più diverse teorie. Poteva invitarlo, il rettore, a qualsiasi altro convegno, addirittura promuoverne uno apposta. Non doveva assolutamente fare questo atto che sa di vassallaggio, e che sapeva – doveva sapere – che non sarebbe stato condiviso da molti.

 

I 67 professori che hanno alzato una barricata contro la venuta del Papa hanno fatto però anche loro un errore, un errore politico. Ratzinger non è David Irving, il cialtrone che nega l’Olocausto. Si fosse trattato di un personaggio del genere non ci sarebbe stato alcun dubbio: che sia pazza o in malafede non importa, una persona di quel genere non deve metter piede dentro un’università. Qui invece stiamo parlando di altro: è inutile spendere parole per esplicitare la differenza.

 

Aver preso una posizione netta contro la presenza di Ratzinger ha offerto il destro a quanti, usando l’iperbole come una clava, hanno urlato che si voleva far tacere il Papa, che si rifiutava il confronto, che si voleva escludere chi sostiene tesi diverse. Tutte argomentazioni paradossali: magari il Papa tacesse per due giorni di seguito, o, almeno, magari i giornali di tutte le tendenze ci graziassero da prese di posizione clamorose come: “Il Papa: basta con le guerre!”. E sì che ai corsi di giornalismo insegnano che la notizia è se un uomo morde un cane. In parecchi devono averlo dimenticato. Quanto alle tesi del Papa, non sono “diverse”, sono “altre”. Scienza e fede sono come le famose rette parallele, senza nessuna convergenza di morotea memoria. Non si può fare un confronto sull’inconfrontabile.

 

Bisognava, allora, inghiottire il rospo e tacere? Niente affatto. Era giusto criticare aspramente una scelta che difficilmente può essere giudicata ingenua, ma a danno fatto, invece di aggiungerne un altro, si sarebbe potuto chiedere – e, questo sì, pretendere – che insieme al Papa parlasse anche un professore per ricordare i corretti confini, magari lo stesso Marcello Cini. Il rettore si sarebbe tenuto la sua figuraccia. Nessuno avrebbe potuto scandalizzarsi o gridare alla censura (!). E l’onore dell’Accademia sarebbe stato salvo.

 

E’ comunque una linea che può essere adottata anche per il futuro. Guarini ha detto che ha intenzione di invitare di nuovo il Papa. I 67 professori, invece di continuare a protestare, lo precedano. Organizzino loro un convegno invitando Ratzinger: dimostrerebbero così che non si trattava né di censura né di paura, ma solo di una reazione  dovuta all’occasione sbagliata. E poi parlino tutti e 67.

 

La lettera di Marcello Cini

 

Il discorso di Ratzinger


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