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 Economia Riduci

Europa, sui disoccupati
non la batte nessuno

L’analisi di uno strategist della Nomura: nell’ultimo anno la situazione si è rapidamente deteriorata, con il cambio che si è apprezzato di circa il 6% e la disoccupazione più alta rispetto a tutte le altre maggiori economie del mondo. Si profila un nuovo scontro fra Draghi e la Bundesbank

(pubblicato su Repubblica.it il 30 nov 2013)

Nell’ultimo anno la situazione dell’Europa si è rapidamente deteriorata, con il cambio reale effettivo dell’euro che si è apprezzato di circa il 6% e la disoccupazione più alta rispetto a tutte le altre maggiori economie del mondo. E’ quanto risulta da uno studio di Jens Nordvig, capo delle strategie globali per il reddito fisso della Nomura. Nordvig ha esaminato le 30 maggiori economie e paesi emergenti del mondo, e ne ha tratto un grafico che visualizza la loro posizione relativa. Sull’asse delle ascisse c’è il Reer (appunto, il cambio reale effettivo), o meglio il suo scostamento rispetto alla media degli ultimi 15 anni; sull’asse delle ordinate lo scostamento del tasso di disoccupazione sempre rispetto alla media degli ultimi 15 anni. Ne risultano quattro quadranti con le diverse combinazioni delle due variabili: i paesi che possono trovarsi più in difficoltà sono quelli del quadrante in alto a destra, con forte apprezzamento della valuta (quindi maggiore difficoltà a esportare) e alta disoccupazione. Ecco il grafico:



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Area euro, come si vede, sta peggio di tutti per la disoccupazione, mentre l’apprezzamento del cambio è ancora sulla linea centrale, cioè sulla media dei 15 anni. Ma ciò che è preoccupante è quello che è segnalato dalla linea rossa tratteggiata, che mostra la variazione della posizione relativa rispetto al luglio 2012: il cambio ha avuto un “forte apprezzamento”, mentre la disoccupazione ha continuato a salire.

Difficile che questa tendenza cambi nel prossimo futuro, visto che entrambi i paesi con le monete più importanti, dollaro e yen, stanno attuando politiche che spingono al ribasso le loro valute. E infatti, nota Nordvig, sono soprattutto gli afflussi di capitale che hanno provocato il rafforzamento dell’euro.

Un marziano che osservasse questi dati potrebbe obiettare che però l’area euro ha il più grande surplus commerciale del mondo, e quindi non sembra che questo apprezzamento del cambio sia poi così dannoso. In quel caso bisognerebbe spiegargli che oltre il 90% di quel surplus è prodotto dalla sola Germania, mentre gli altri paesi dell’area sono arrivati ad avere bilance più o meno in pareggio solo a causa della feroce recessione che ha stroncato il mercato interno e quindi fatto crollare le importazioni. In questa situazione le loro economie non riusciranno mai a risollevarsi, perché il Pil è fatto di consumi interni per almeno il 70% e quindi non bastano le esportazioni a stimolare una crescita sufficiente. E d’altronde, visto l’apprezzamento del cambio, gli esportatori dei paesi in difficoltà non possono certo fare miracoli.

Le previsioni dell’analista della Nomura non sono ottimistiche. Questo trend, negativo per l’Europa, sembra destinato a continuare: se così sarà le ripercussioni sull’indebolimento della crescita saranno pesanti. A meno che la Bce non intervenga per frenare la corsa del cambio: più d’una voce dalla banca di Francoforte ha lanciato segnali in questo senso. Ma questo prefigurerebbe un nuovo scontro con la Bundesbank, che in vari periodi, in passato, ha evitato ogni tipo di intervento anche quando il cambio del marco si rafforzava troppo e l’inflazione interna si avvicinava pericolosamente allo zero, come per due volte alla fine degli ultimi due decenni del secolo scorso. Su questo punto c’è l’unica nota di speranza dell’analisi di Nordvig: Draghi ha già mostrato una certa diversità di impostazione rispetto alla tradizione della banca centrale tedesca, ed è quindi probabile che, se sarà necessario, non si farà legare le mani. Speriamo che abbia ragione.


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