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 Finanza Riduci

Rating e previsioni,
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Tutti contro le agenzie, ma il bersaglio è sbagliato: bisognerebbe prendersela con le istituzioni, come la Bri e la Bce, che continuano ad attribuire un valore operativo a giudizi che sono basati su ipotesi e che spesso non hanno un’attendibilità superiore alle chiacchiere da bar
 
(pubblicato su Repubblica.it il 13 lug 2012)
 
Il nuovo declassamento dell’Italia da parte di Moody’s ha provocato il solito profluvio di dichiarazioni contrariate, scandalizzate o battagliere con invocazioni ad Authority varie perché intervengano contro le agenzie di rating. Nessuno, però, se la piglia con il bersaglio giusto, con chi cioè avrebbe effettivamente la possibilità di intervenire per evitare che i dubbi giudizi di qualche sconosciuto analista finanziario gettino benzina sul fuoco della crisi.
 
E qual è, anzi, quali sono i bersagli giusti? Sono quelle istituzioni che continuano ad attribuire un valore operativo ai giudizi delle agenzie, prima di tutti la Banca dei regolamenti internazionali e la Bce. Finché questi giudizi verranno utilizzati per misurare il patrimonio e l’esposizione al rischio delle banche, o per decidere quanto valgono i titoli dati in garanzia per ottenere prestiti dalla Banca centrale o per vari altri scopi del genere, il potere delle tre agenzie non sarà intaccato per quante palesi castronerie possano aver fatto.
 
Fare previsioni economiche non è un mestiere facile, e soprattutto non è una scienza esatta. Le previsioni servono perché mettono in evidenza dei problemi, e il compito dei responsabili politici e tecnici è quello di prendere le misure adeguate a non far avverare le previsioni negative. Tutti però sanno – o dovrebbero sapere – che non sono una rappresentazione della realtà, ma solo delle ipotesi costruite presupponendo una serie di fattori che non solo non potranno mai essere completi, perché la realtà è assai più complessa di qualsiasi modello, ma oltretutto cambiano in continuazione. Vediamo tutti i giorni che le previsioni di istituzioni autorevoli, dall’Fmi all’Ocse agli stessi governi, possono cambiare addirittura a distanza di solo un mese. A inizio anno si pensava che il Pil italiano sarebbe sceso di circa l’1%, oggi si parla del 2, 2,5 e forse addirittura di più. Previsori incapaci? A volte sì, altre volte non hanno colpe: il mondo si muove e le prospettive cambiano.
 
La situazione è però che, da molti anni a questa parte e ancora oggi, tre fra le centinaia di previsori sono stati scelti per dare alle loro ipotesi un valore effettivo. Perché hanno dimostrato di essere migliori di tutti gli altri? Assolutamente no, come tutti hanno avuto modo di verificare ripetutamente. E allora?
 
La cosa più assurda è che il ruolo che è stato conferito a queste previsioni è in grado di aggravare i problemi, invece di essere un aiuto per risolverli: agiscono cioè come spinta per far realizzare gli scenari più negativi, nonostante che il loro valore effettivo si sia dimostrato spesso al livello dei discorsi da bar dello sport. Riesce davvero difficile capire l’inerzia dei regolatori nell’affrontare il problema, nonostante che sia stato individuato e posto sul tappeto da tempo, per esempio dal Rapporto de Larosière e anche dal Finacial Stability Board. Evidentemente la Bce è troppo impegnata ad occuparsi dei salari per affrontare questo tipo di problemi.

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