I mercati puniscono le moine
La riunione dell’Eurogruppo, per quanto si sa al momento, è servita solo ad approvare un documento che riporta le decisioni prese dieci giorni fa. Decisioni inadeguate a contrastare la fase acuta della crisi che si aggiungono agli errori più generali di politica economica. La reazione dei mercati, spread alle stelle e Borse in caduta, è il giudizio su questa linea
(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 20 lug 2012)
Bisognerà studiare attentamente le 43 pagine della bozza di accordo approvata dall’Eurogruppo prima di dare un giudizio più meditato, ma la reazione con cui i mercati hanno accolto la conclusione della riunione di oggi 20 luglio è significativa: spread di Spagna e Italia alle stelle, banche sospese in Borsa per eccessi di ribassi, indici azionari (sempre di Spagna e Italia) in caduta.
Verrebbe da dire: se questa è la reazione a un accordo, figuriamoci che sarebbe successo senza. Invece, paradossalmente, è forse proprio per questo tipo di accordo che i mercati hanno reagito così, e si è tentati di commentare che si tratta di una reazione salutare, perché chiarisce con immediatezza che è stata scelta una strada sbagliata.
La riunione dell’Eurogruppo è durata appena due ore: troppo poco per far discutere 17 paesi. La conclusione logica è che le decisioni sono quelle prese il 9 e 10 luglio, che questo dieci giorni sono serviti solo a metterle per iscritto in modo che oggi potesse essere approvato un documento. Ebbene, le decisioni del 9 e 10 luglio non erano quelle che servirebbero per affrontare la crisi. Non era stato varato un vero Fondo anti-spread, affidando il compito alle esigue risorse dell’attuale Efsf, la cui sostituzione con l’Esm – peraltro non molto più efficace – non è nemmeno alle viste, dato che la Corte Costituzionale tedesca ha rinviato a settebre la sua decisione in proposito, che non è nemmeno scontata. Ma anche se l’Esm venisse approvato rischia di servire a ben poco, sia per la limitatezza delle sue risorse, sia per il meccanismo di intervento.
Quanto al primo punto, c’è una sola quantità di risorse che sarebbe adeguata: quella senza limiti che potrebbe essere garantita solo dalla Bce, anche indirettamente permettendo l’accesso dell’Esm ai suoi finanziamenti, come l’articolo 18 del suo statuto già consentirebbe di fare. Riguardo al secondo punto, la norma secondo cui il paese interessato debba richiedere l’intervento, dando inizio a una complessa procedura che richiede tempo, non sarebbe altro che un segnale alla speculazione che è il momento buono per assestare il colpo finale. Anche la Confindustria, nel suo recente documento, afferma che l’intervento del Fondo dovrebbe essere discrezionale e senza annunci, per evitare appunto di scatenare il peggio.
“Niente aiuti senza controlli”, dice la Cancelliera Merkel. Su questo ha ragione, ma certo si possono trovare modalità diverse e non sbagliate come quella attualmente delineata. Per esempio, si potrebbe rovesciare la procedura, stabilendo fin da subito che il Fondo opera di sua iniziativa e in modo discrezionale, ma, se lo fa, il paese interessato accetta automaticamente di sottoporsi ai controllo della Commissione e della Bce. Se rifiuta, il Fondo cessa immediatamente gli interventi. Ma, insomma, il problema non è certo quello di trovare meccanismo tecnici adeguati. Naturalmente, se non viene risolto anche il primo punto (quello delle risorse) non c’è molto da sperare.
Quanto agli aiuti alle banche spagnole, a quanto pare anche lì non cambia quanto è già stato deciso: 30 miliardi subito, il resto quando sarà stata realizzata la vigilanza unica europea, per cui servirà almeno un anno: decisioni buone per i tempi normali, non per quelli in cui tutto minaccia di crollare. L’unica novità, che è però tuttora oggetto di interpretazioni contrastanti, sarebbe che Madrid potrebbe utilizzare quei soldi anche per scopi diversi dalla ricapitalizzazione delle banche: e dunque, eventualmente, per intervenire sul mercato dei titoli (anche se un diverso uso richiederebbe un nuovo distinto accordo). Ma ancora una volta, per quello scopo le risorse non sarebbero sufficienti.
Questi errori su come affrontare la fase acuta della crisi si sommano a quelli più generali di politica economica imposti dalla Germania e i suoi alleati, cioè che bastino i tagli per sanare la stuazione. Sono errori ormai denunciati dalla stragrande maggioranza degli economisti, anche di diversi orientamenti teorici, ma finora di provvedimenti concreti per frenare la recessione se n’è vista solo una pallida ombra.
Insomma, i problemi ormai sono chiari, ma i provvedimenti presi somigliano piuttosto a moine. I mercati stanno dicendo che cosa ne pensano.