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 Politica Riduci


E Bersani lanciò 

la leadership di Renzi

L'incredibile errore del segretario sulla scelta del candidato per la presidenza della Repubblica ha diviso il fronte progressista, lacerato il partito e offerto al sindaco di Firenze l'occasione per presentarsi come la sola vera alternativa a Berlusconi. Se anche l'elezione presidenziale finisse nel migliore dei modi, per la sinistra un danno gravissimo e permanente

(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 18 apr 2013)
Dopo le elezioni "non vinte e non perse" e fino a qualche giorno fa, la strategia di Pier Luigi Bersani era stata coerente con il voto delle primarie che l'avevano designato candidato leader. Quel voto aveva detto che la parte più attiva di elettori dello schieramento progressista voleva una politica che non rinnegasse i valori tradizionali della sinistra e che il nuovo va bene se non è anche estraneo. Aveva detto anche, quel voto, che vale la pena di vincere se quello che si fa dopo è qualcosa di diverso dall'ideologia che ha dominato gli ultimi trent'anni, sia interpretata dalla destra, sia re-interpretata da una sinistra che si definiva "nuova", come quella di Clinton e Blair, ma non per rinnovare il passato: solo per cancellarlo.
Pier Luigi BersaniQuando Bersani, solo contro (quasi) tutti, ha rifiutato fermamente l'abbraccio mortale di Berlusconi, tutti quelli che l'avevano votato hanno pensato: "Stavolta ci abbiamo proprio azzeccato, finalmente uno che non fa giochetti". Quando ha cercato inutilmente l'alleanza con l'M5S, quelle stesse persone hanno sospirato che comunque era la sola strada possibile. Quando ha cominciato a dire che avrebbe lavorato per un presidente "condiviso", hanno ipotizzato che i nomi proposti sarebbero stati di tale qualità morale e politica - nel campo progressista certo non ne mancano - che un rifiuto da parte del Pdl si sarebbe ritorto contro Berlusconi. Quando hanno cominciato a circolare nomi che di tutto sapevano men che di rinnovamento, hanno sperato che si trattasse di pretattica, un modo per arrivare a dire "noi abbiamo provato a proporre nomi impeccabili, se Berlusconi non ci sta non possiamo farci niente".
Quando poi dall'assemblea del Capranica è uscito il nome del candidato ufficiale, Franco Marini, hanno trasecolato. Ma come, l'M5S propone un autorevole costituzionalista, ex presidente del Pds, e il Pd ci scodella una persona che, pur degnissima, è stata scelta da Berlusconi? Una persona su cui c'è il compatto assenso delle destre e una drammatica spaccatura del fronte progressista? Questo sarebbe un candidato "condiviso"? Condiviso con chi?
L'abilissimo Matteo Renzi ha subito visto la sua grande occasione e ci si è lanciato a corpo morto. Il suo handicap, finora, era nella sua siderale distanza non solo dalla sinistra del Pd, ma da tutto il resto dello schieramento progressista. Adesso è diventato un eroe, quello che ha evitato l'elezione di un presidente simbolo di un accordo con Berlusconi. E può dire: "Vedete? Il vecchio modo di far politica finisce sempre nell'intrallazzo. Chi vuole una vera alternativa a Berlusconi può puntare su un solo leader: me".
La mossa di Bersani, da qualunque parte la si rigiri, appare tanto grossolanamente sballata da far fatica a crederci, da indurre a pensare che ci potesse esser dietro una qualche misteriosa strategia, per quanto contorta. Ma se anche fosse, se pure l'idea sottostante sia stata quella di bruciare l'ex sindacalista per arrivare al candidato "vero" in modo che sembrasse il male minore, un D'Alema o un Amato o chissacchì, e se anche questo gioco avesse successo, il danno fatto è talmente enorme da non poter essere in nessun modo compensato. Il danno di una trattativa con Berlusconi, di una prima scelta che gran parte del fronte progressista ha considerato inusitata, il danno di una totale perdita di credibilità per la leadership di Bersani, e invece un enorme regalo a Renzi a cui forse nemmeno egli stesso avrebbe osato sperare.
Questi danni, comunque si concluda l'elezione del presidente, sono ormai fatti e permanenti. La leadership di Bersani, ormai è evidente, è finita qui. La sorte del Pd come partito di sinistra è segnata. Forse non sopravviverà, o forse sì ma prendendo altre strade, sotto la guida di Renzi, appunto. L'ennesima occasione dilapidata per cambiare davvero qualcosa nella politica italiana.

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