Pil, addio sogni di gloria
Dopo il dato negativo del primo trimestre la crescita prevista dal governo per quest’anno è praticamente impossibile da raggiungere e questo influenzerà negativamente i conti pubblici. Se l’asse Berlino-Bruxelles pretenderà altri tagli non usciremo dal circolo vizioso austerità-tagli-austerità
(pubblicato su Repubblica.it il 15 mag 14)
Lo scudetto si vince formalmente dopo l’ultima partita del campionato, ma quest’anno abbiamo saputo in anticipo che la Juventus aveva vinto, perché l’ha detto la matematica. Un analogo discorso, ma purtroppo rovesciato, si può fare per la crescita dell’Italia: dopo questo –0,1% del Pil nel primo trimestre, la matematica dice che sarà praticamente impossibile arrivare a quello 0,8% di crescita che è scritto nel Documento di economia e finanza (Def). Certo, quel risultato non si può ancora escludere al 100%, ma al 98% sì.
Ma cosa ha provocato questa secchiata d’acqua gelida sulle tiepide speranze di ripresa indotte da alcuni segnali positivi? Secondo Fedele De Novellis di Ref-ricerche potrebbe trattarsi di un decumulo delle scorte, fenomeno abbastanza anomalo perché quando c’è una prospettiva di crescita le scorte dovrebbero invece aumentare. Ma le imprese italiane sono alle prese con la scarsità del credito e i problemi di liquidità, e questo potrebbe averle indotte a ridurre il più possibile il magazzino. Se è così, potrebbe anche esserci un buon rimbalzo nel secondo trimestre, perché prima o poi le scorte vanno ricostituite.
Ma anche ipotizzando, dopo questo –0,1, un +0,6 seguito da due +0,3 negli ultimi due trimestri dell’anno, la crescita complessiva non supererebbe lo 0,5%. E questo è lo scenario più ottimistico, Se invece la variazione del Pil si limitasse a uno 0,2% per tutti e tre i prossimi trimestri, il risultato finale sarebbe uno 0,3 e forse anche un po’ meno. Infine, se d’ora in avanti non si andasse oltre lo 0,1 di crescita, alla fine ci ritroveremmo al punto in cui siamo partiti, cioè con una crescita zero.
Ma sono importanti queste variazioni? In fondo stiamo parlando di qualche decimale in meno, non dovrebbero fare una grande differenza. Invece la fanno, perché siamo impiccati alle regole europee (chi ha dimenticato il commissario Olli Rehn, quando diceva “il 3% vuol dire tre-virgola-zero”?). Recuperare mezzo punto di Pil significa dover trovare altri 8 miliardi. Significa che il denominatore con cui si calcolano i rapporti deficit/Pil e debito/Pil non cresce o cresce troppo poco, e quindi quei rapporti peggiorano, con la conseguenza che la Commissione ci chiederà di fare altri tagli, che deprimerebbero ancor più lo stato dell’economia. Significa, in parole povere, non poter uscire dal circolo vizioso austerità-tagli-austerità.
Nel frattempo la Germania ha invece avuto un dato sopra le aspettative, un +0,8% che porta al 2,3% la variazione del Pil nell’ultimo anno. Da che cosa deriva? Non dalle esportazioni, questa volta, ma da consumi privati, spese statali e investimenti in costruzioni e macchinari, ossia dal fatto che Berlino ha cominciato a fare una politica un po’ meno restrittiva; e questo, guarda un po’, fa bene alla crescita.
Inutile sperare che questi dati possano far cambiare qualcosa nella linea imposta da Berlino, Bruxelles e Francoforte. E’ chiaro da tempo che quella linea non mira a risolvere i problemi, ma a imporre le riforme neo-liberiste, che si ottengono tenendo sulla corda i paesi in difficoltà. Ma aumenta sempre più il rischio che quella corda finisca per spezzarsi.