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 Stato sociale Riduci

Cameron rottama Bismarck,
pensione fai-da-te

Il leader inglese, dando la possibilità di riscuotere  in contanti a 55 anni i soldi accumulati per la pensione, rovescia definitivamente i principi che hanno ispirato la costruzione della previdenza pubblica fin dai tempi del cancelliere Bismarck. Ma la City sarà di certo soddisfatta

(pubblicato su Repubblica.it il 9 apr 2015)

Correva l'anno 1883 quando il cancelliere tedesco Otto von Bismarck varò la prima legge sull'assicurazione sociale, seguita da altre negli anni successivi, per tutelare i lavoratori da infortuni, malattia, invalidità e vecchiaia. Era basata su contributi obbligatori e instaurava il principio che lo Stato si occupa di creare una rete di sicurezza per fronteggiare i rischi sociali di cui il singolo non può essere ritenuto responsabile. E anche, si occupa, di obbligare a comportamenti "virtuosi", com'è quello di un'accumulazione regolare per un numero elevato di anni in modo da rendere possibile l'ottenimento di una rendita quando non si sarà più in grado di procurarsi da vivere lavorando. Parliamo dell'idea di base, lasciando da parte le forme tecniche che poi si scelgono per il sistema, come ad esempio la "ripartizione" (che è quella in cui non c'è una reale accumulazione del capitale, come ad esempio avviene per i Fondi pensione, ma i contributi dei lavoratori attivi servono a pagare le pensioni a quelli in quiescenza).

La parte più antistatalista del pensiero liberale è contraria a quella che considera una limitazione della libertà individuale di disporre come meglio si crede del frutto del proprio lavoro. Secondo queste teorie va lasciata alla libertà individuale la responsabilità di risparmiare o meno per il proprio futuro, e peggio per chi non lo fa. Sia dall'esperienza storica che da indagini apposite risulta però che senza l'obbligatorietà solo pochi adotterebbero comportamenti adeguati, sia per la difficoltà di valutare quali debbano essere nella pratica, sia perché i bisogni più immediati hanno inevitabilmente la meglio su quelli di un futuro lontano e incerto. Inoltre la garanzia dello Stato su un diritto maturato mette al riparo da rischi imprevedibili: se non completamente, per lo meno in modo molto più efficace di quanto possa ottenere un singolo individuo.

A 132 anni da quella legge con cui iniziava la costruzione dello Stato sociale il premierDavid Cameron conservatore inglese David Cameron ne fa approvare una che va in direzione opposta a quei principi. E' stato infatti stabilito che, raggiunti i 55 anni, ognuno può scegliere di ritirare l'importo di quanto ha maturato con i suoi contributi previdenziali e farne quello che gli pare. Investirli se pensa di ottenere un risultato migliore che con il sistema attuale, oppure goderseli spensieratamente, oppure usarli per saldare debiti contratti in passato, cosa che le famiglie inglesi fanno con notevole larghezza.

E' l'ennesimo colpo inferto alla previdenza pubblica del Regno unito, che già era ridotta a poca cosa. Quella obbligatoria pubblica fornisce infatti in media una rendita pari a circa il 15% del salario medio. A questo bisogna aggiungere un secondo comparto (o "pilastro", come si usa chiamarli in questa materia) alimentato anch'esso da contributi obbligatori (ma solo per chi supera una determinata soglia di salario minimo), ma con possibilità di scelta sulla gestione. L'assicurato può infatti lasciarli nel settore pubblico o esercitare l'opting out, affidandoli o a un Fondo aziendale oppure ad uno privato. Per chi se lo può permettere c'è poi il terzo pilastro, cioè ulteriori versamenti a un Fondo privato, questi non obbligatori. Chi volesse saperne di più sul sistema inglese può guardarsi per esempio questo studio di Michele Raitano sul sito dell'università di Siena.

Già fino ad ora, quindi, era prevista una notevole libertà di scelta, anche se i meccanismi di incentivo fiscale spingevano chi disponeva di redditi medi e alti a scegliere il secondo pilastro privato. Comunque un minimo di obbligatorietà era stato conservato, per il versamento dei contributi e soprattutto per la loro destinazione: quella, appunto, di avere una rendita previdenziale. Oggi quest'ultimo punto cade: chi deciderà di ritirare quanto accumulato potrà, come si è detto, usarlo come gli pare, investirlo o spenderlo a piacere.

Perché questa scelta? Cameron, evidentemente, non si pone il problema che un certo numero di persone e di famiglie, quante al momento non si può sapere, per imprevidenza o per bisogni immediati spenderanno la somma che riscuotono, restando così in futuro senza nemmeno la modesta e spesso misera pensione che fino ad oggi era garantita. E siccome, a meno di un nuovo imbarbarimento, le società moderne non lasciano che la gente muoia di fame per le strade (almeno, non come regola), in futuro lo Stato sarà costretto a spendere per assisterle. Ma in futuro, non immediatamente, e di certo non di qui alle prossime elezioni. Nel frattempo molti saranno felici di potersi mettere quei soldi in tasca, e ancora più felici saranno i gestori finanziari, a cui almeno una parte si rivolgerà sperando di ottenere rendimenti migliori di quelli della previdenza pubblica.

A qualcuno certamente andrà bene, ad altri meno, altri ancora incapperanno in truffe o investimenti sbagliati e, pur senza averne colpa, perderanno quei soldi. Perché il rischio della gestione privata è molto, molto più elevato rispetto a quella pubblica e non sono molti quelli in grado di controllare davvero che cosa si fa con i loro soldi. Il Regno unito, che è stato fra i primi paesi a costruire un moderno sistema di welfare, si pone ora all'avanguardia nel distruggerlo. Di certo ci sarà chi la trova un'ottima idea e premerà per imitarla.

Vari commenti a questo articolo sono sul mio blog su Repubblica.it


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