Altro che il '29/2
Partono i bastimenti
In un precedente articolo abbiamo visto che la crisi attuale è peggiore di quella del 1929 per vari aspetti. Si avvia a diventarlo anche per quello dell'emigrazione: questa volta non c'è stato un forte picco iniziale come nel secolo scorso, ma allora il saldo scese costantemente, questa volta invece continua a salire e dopo il quinto anno è più negativo che allora
(pubblicato su Repubblica.it il 24 dic 2016)
"Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo paese non soffrirà a non averli più fra i piedi", ha detto il ministro Giuliano Poletti parlando dei tanti giovani espatriati perché in Italia non trovavano lavoro. Beh, se questo è il segno di una strategia del governo per liberarsi di quelle persone che gonfiano i numeri della disoccupazione giovanile, tra le più alte del mondo, bisogna dire che la strategia ha successo, al contrario di quella per il rilancio dell'economia.
Abbiamo già visto in un precedente articolo come la crisi attuale, iniziata nel 2008, sia più grave di quella del 1929, e abbiamo parlato di alcuni elementi che sono tra le cause più importanti di questo fatto. Esaminiamo anche il dato sugli espatri, confrontandolo con quello di allora. Ci aiutano, come nel precedente articolo, i dati delle serie storiche Istat elaborati da Nicola Salerno. Ecco il confronto.
Nella crisi del secolo scorso c'è un picco iniziale fortissimo, con il culmine nel secondo anno, senza paragone con quella più recente. Naturalmente bisogna mettere in conto le grandi diversità della situazione a quasi un secolo di distanza: oggi ci sono gli ammortizzatori sociali e persino i meno benestanti, in gran parte, hanno qualche risparmio per resistere. La differenza è nell'andamento. Allora, all'ottavo anno, il saldo fra espatri e rimpatri era sceso quasi a zero; oggi invece vediamo che aumentano coloro che se ne vanno, e dal quinto anno la curva sale con più decisione.
Che poi tra chi emigra ci siano molti giovani certo non può stupire. Basta guardare questa cartina dell'International Labour Organization. Sul sito dell'Ilo si vede meglio ed è interattiva, ma anche così salta agli occhi che il rosso scuro che indica la disoccupazione giovanile più alta non colora molti altri paesi oltre all'Italia.
Eppure sono ormai vent'anni che le numerose riforme del lavoro, che hanno ridotto le protezioni e indebolito la capacità contrattuale, sono tutte accompagnate dal ritornello "dobbiamo farlo per i nostri figli". C'è qualche dubbio su come hanno funzionato?