La leggenda dei tassi pre-euro
Alcuni economisti hanno affermato che prima della nostra adesione alla moneta unica l'inflazione era alle stelle e gli interessi sul debito a doppia cifra, attribuendo più o meno esplicitamente a quella scelta la loro discesa. Ma sbagliano sui numeri, e non solo: trascurano il fatto che quegli andamenti sono stati uguali dappertutto
(pubblicato su Repubblica.it il 30 mar 2017)
"Prima dell'euro avevamo un'inflazione e tassi sui Btp a doppia cifra". E' un'affermazione ormai ricorrente, anche perché ripetuta da economisti anche autorevoli. Peccato che non sia vera. Evidentemente a chi vuole dimostrare che adottando l'euro ci abbiamo guadagnato la memoria fa strani scherzi: però da un economista ci si aspetterebbe che - quando parla di problemi così importanti - non si limitasse a buttarla lì come quando si fa una chiacchierata al bar, ma andasse prima a controllare se i dati sono proprio quelli che gli sembra di ricordare. Non vogliamo affrontare qui l'intera problematica ("entrare nell'euro è stato un bene o un male?") ma limitarci alla verifica di questa affermazione, che riguarda comunque un aspetto di non poco conto.
L'economista più importante che abbia inciampato in questo infortunio è Alberto Quadrio Curzio. Intervenendo su La7 aveva detto che nel '92-94 l'inflazione era "a più di due cifre". Gli ha subito replicato un gruppo di altri economisti (qui la replica e le firme) ricordandogli che "l’inflazione fu a singola cifra e in calo: rispettivamente, 5.3% nel 1992, 4.6% nel 1993, 4.1% nel 1994. L’ultimo anno di inflazione a doppia cifra in Italia era stato il 1984". Una svista non piccola.
Il 6 marzo scorso è stata la volta di Francesco Grillo, editorialista del Corriere della sera che nel suo profilo si definisce "political economy scientist, journalist and manager". Il suo curriculum davvero notevole non gli ha impedito, in un intervento su Rainews24, di affermare che prima dell'euro "pagavamo tassi d'interesse sul debito a doppia cifra". Sì, ma era più di tre anni prima: dopo un picco al 14% nel '95 i tassi hanno cominciato a scendere precipitosamente e nel '96 sono andati sotto il 10%. Il mercato stava anticipando gli effetti dell'euro? No, l'andamento era simile in tutti i paesi, anche quelli che con l'euro non c'entravano.
Un terzo caso riguarda Fabio Sdogati del Politecnico di Milano. Nel suo intervento a un dibattito organizzato dal Sole24Ore ha affermato: " Chi può, provi a ricordare quegli anni, la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem"... Un altro dei partecipanti, Massimo D'Antoni dell'Università di Siena, gli ha fatto presente che stava fornendo dati sbagliati (qui tutta la storia). D'Antoni, in questo articolo e in un altro sugli stessi argomenti, ha inserito tra l'altro due grafici - su inflazione e tassi sui titoli di Stato - che riproduciamo qui sotto e che qualsiasi economista farebbe bene ad esaminare accuratamente prima di partecipare a qualsiasi dibattito su queste questioni.
Che cosa concluderne? Intanto che questa faccenda dei tassi e dell'inflazione pre-euro è ormai diventata una leggenda metropolitana, come quella secondo cui il costo del lavoro in Italia sarebbe tra i più alti in Europa: l'abbiamo detto più volte e lo ripetiamo, è invece tra i più bassi dell'eurozona e rispetto ai paesi comparabili.
Ma l'aggravante è che la leggenda viene accreditata proprio da chi, per professione, su queste cose non dovrebbe sbagliare. Finora possiamo dar credito di errori in buona fede, ma per il futuro, visto che ormai di queste cose si è discusso pubblicamente, se qualche economista continuerà a ripetere l'errore non potremo più pensare a semplice negligenza: potremo tranquillamente definirlo un imbroglione.