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 Finanza Riduci

Bce, il lungo addio 
ai Tre del rating
La decisione di accettare titoli di “qualità” inferiore a garanzia dei prestiti fornisce un ulteriore sostegno alle banche. Ma le valutazioni di Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch non sono state ancora mandate in soffitta, come chiedeva fin dal febbraio 2009 il Rapporto de Larosière e come auspicava lo stesso Draghi da presidente del Financial Stability Board
 
(pubblicato su Repubblica.it il 22 giugno 2012)
 
Mentre a Roma i quattro leader dei più importanti paesi euro tentano per l’ennesime volta di trovare un accordo che eviti l’apocalisse finanziaria anche a Francoforte qualcosa si muove. La Bce ha deciso un allentamento delle condizioni praticate alle banche sui titoli dati in garanzia per ottenere prestiti. In sostanza, verranno accettati titoli di “qualità” inferiore, permettendo così alle aziende di credito un accesso più ampio ai finanziamenti della Bce, che, com’è noto, hanno un costo irrisorio rispetto alle condizioni di mercato e meno caro anche dei finanziamenti d’emergemza che possono essere erogati dalle banche centrali nazionali.
 
Si tratta dunque di un allargamento della possibilità di finanziarsi presso la Banca centrale, fondamentale visto che il mercato interbancario è praticamente formo. Ma non è ancora un passo decisivo contro la “dittatura del rating” esercitata dai tre oligopolisti mondiali, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch.
 
Queste tre società continuano ad avere un potere enorme, del tutto spropositato se si pensa ai ripetuti e clamorosi errori di valutazione che sono risultati evidenti da almeno quindici anni (dai tempi della crisi asiatica), perché le loro valutazioni sono accettate come base non solo dai privati, ma anche dalle istituzioni. A partire da quella Banca dei regolamenti internazionali nel cui ambito si stabiliscono i requisiti internazionali per le banche rispetto alla rischiosità degli impieghi e al capitale proprio necessario in relazione ad essi (i famosi accordi di Basilea).
 
La Bce ora ha “allentato”, ma non ha mandato in soffitta le valutazioni dei “Tre”. “Gli asset con rating 'A' saranno accettati con haircut del 16%, quelli con rating inferiore con haircut fino al 32%. I titoli garantiti da mutui residenziali, i prestiti a Pmi e i prestiti su auto soggetti a valutazione subiranno un haircut del 26%”, scrive l’agenzia Reuters. Significa che dando in garanzia titoli di rating ‘A’ con un valore di 100 si può ottenere un prestito di 84, se invece il rating è più basso il prestito può scendere fino a 68. E significa anche che si continuano ad accettare le valutazioni dei “Tre”.
 
La Bce, aggiunge la Reuters, non sarebbe ancora pronta a valutare essa stessa l’affidabilità dei titoli. E sì che di questo problema si parla da lungo tempo. Era una delle raccomandazioni, per esempio, del Rapporto de Larosière, la commissione istituita dall’Ue per elaborare una strategia anticrisi, pubblicato nel febbraio 2009. Poco dopo una raccomandazione simile veniva dal Financial Stability Board, all’epoca presieduto proprio da Mario Draghi. Ma dopo due anni e mezzo, a quanto pare, le istituzioni non sono ancora pronte, con tanti saluti ai mercati che misurano il tempo in millisecondi.
Eppure non abbiamo visto le piazze riempirsi di economisti delle società di rating che protestano contro l’eventuale approvazione di norme a loro sfavorevoli. Evidentemente i dissensi invisibili pesano assai di più di quelli alla luce del sole.

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