Grecia, l’invasione
di campo della Bce
La decisione di non accettare più i titoli greci a garanzia dei prestiti è un pesante condizionamento della trattativa fra Atene e l’Europa. Gli altri governi potevano cogliere l’occasione per mettere in discussione la linea politica disastrosa imposta finora dai tedeschi, ma in poche ore l’illusione è tramontata
(pubblicato su Repubblica.it il 5 feb 2015)
Il Consiglio direttivo della Bce punta una pistola alla tempia del nuovo leader greco. L’annuncio che dall’11 prossimo non accetterà più i titoli pubblici del paese a garanzia dei finanziamenti equivale all’ultimo gradino della minaccia di impedire ad Atene di rifornirsi di liquidità. Resta ancora la possibilità per le banche del paese di ricorrere allo sportello d’emergenza della Banca centrale nazionale, ma anche quella può essere sospesa dalla Bce: se lo farà condannerà il paese al default, al fallimento.
Da un punto di vista tecnico e astratto la decisione può essere contestata per un aspetto che non è legato alla situazione contingente, ma al criterio stabilito per accettare in garanzia i titoli di un paese. Il criterio è quello che debbano avere un rating definito “investment grade”, cioè non speculativo (e i titoli greci non ce l’hanno). Ciò significa che la Banca centrale europea affida alle agenzie di rating private, quelle stesse che davano un giudizio di massima affidabilità ai titoli subprime e alla Lehman Brothers, la decisione politicamente cruciale su quale Stato sovrano possa o non possa avere i suoi finanziamenti, riservandosi di fare un’eccezione (come aveva fatto) se il paese in questione si impegna ad attuare un programma di riforme economixhe di suo gradimento.
Ma è dal punto di vista sostanziale che la decisione appare ancora più grave. C’è una trattativa in corso tra il governo greco a i partner europei. La trattativa è motivata dal fatto che le politiche imposte finora alla Grecia l’hanno fatta precipitare in una situazione drammatica, di cui nessuno che sia in buona fede può evitare di prendere atto. Il nuovo governo non rinnega gli obiettivi di risanamento, ma chiede di poter seguire una strada diversa.
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che sta conducendo la trattativa, è un economista di valore e non un politico populista qualsiasi, e le richieste greche di un cambiamento di linea hanno già ricevuto l’appoggio del presidente americano Obama e del leader britannico Cameron. Questo per dire che non siamo di fronte a posizioni che possano essere bollate come opportunistiche o da avventurieri, ma alla richiesta politica di poter decidere una via diversa per superare la crisi.
La trattativa potrà avere un esito positivo oppure no, ma è in sede politica che si deve verificarne l’esito. In questo quadro, la decisione della Bce rappresenta una pesantissima invasione di campo, un tentativo inaccettabile di condizionamento che mira ad indebolire una delle parti, quella che già di suo è la più debole.
Il leader greco Tsipras e Varoufakis hanno fatto in questi giorni un tour per tutta l’Europa per spiegare ai vari governi le loro posizioni e le loro intenzioni. A parte Cameron, finora nessuno ha detto nulla in proposito, tranne i tedeschi (e qualche loro sodale di Bruxelles) da cui arriva ogni giorno, anche più volte al giorno, qualche dichiarazione minacciosa nei confronti di Atene. Che la Germania sia il paese egemone in Europa non c’è bisogno di ripeterlo, ma sarebbe davvero grave se la soluzione del conflitto fosse ridotta a un rapporto fra il governo tedesco – il capo – e quello greco – il questuante – come se tutti gli altri paesi non avessero nulla da aggiungere. Si potrebbe parafrasare una nota poesia di solito attribuita a Bertold Brecht (in realtà di anonimo): “Hanno cominciato con i greci, ma io non ero greco”…
Aggiornamento: Renzi in soccorso del più forte, Hollande Ponzio Pilato
Purtroppo sono bastate poche ore per frustrare gli auspici che gli altri governi mediterranei prendessero una posizione indipendente da quella tedesca. Mentre il presidente francese Francois Hollande ha invitato Tsipras a “parlare con Angela” (difficile, visto che la suddetta si rifiuta di incontrarlo), esprimendo così da parte della Francia la posizione “vedetevela un po’ voi”, il nostro presidente del Consiglio Matteo Renzi ha fatto di più, ha definito la decisione della Bce “legittima e opportuna”. Si tratta di una inequivocabile scelta di campo: se si fosse limitato al “legittima” si sarebbe potuto pensare a un eventuale spazio per esercitare quanto meno un ruolo da mediatore, ma dato che ha aggiunto “opportuna” significa che ha voluto chiarire bene da che parte sta.
Quando l’Italia prenderà il prossimo schiaffone dalla Commissione (che senza dubbio prima o poi arriverà) ricordiamoci che c’era stata un’occasione per provare a ridiscutere davvero la politica europea, e l’Italia (come la Francia) ci ha sputato sopra.