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 Politica economica Riduci

Ma guarda, con più deficit
il debito cala

Quest’anno il disavanzo dei conti pubblici sarà al 9,4% e resterà alto anche nei prossimi due. Eppure, come ci dicono le cifre del governo, il rapporto debito/Pil scenderà. E’ una dimostrazione di quanto siano state sbagliate le politiche europee e le regole – ora sospese –  che le prescrivevano. Ma non è detto che questo basterà a farle cambiare

Daniele Franco e Mario DraghiIstruttivi i numeri della Nadef (Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza). C’è da rallegrarsi per quella crescita al 6% che supera non di poco le precedenti previsioni, certo. Ma soprattutto si farebbe bene a meditare su quello che ci dicono rispetto alle politiche del passato e alle regole europee di bilancio che le hanno guidate.

Il governo prevede dunque per quest’anno una crescita del 6%, con deficit di bilancio altissimo, il 9,4%. Accipicchia, ma ce lo possiamo permettere con quel debito pubblico che nel 2020 è arrivato al 155,6% del Pil? Dove arriverà quest’anno? E il prossimo?

Beh, quest’anno scenderà, e il prossimo pure. Sono sempre i numeri della Nadef a dircelo. Per quest’anno è stimato al 153,5, per il prossimo al 149,4. Merito di un forte surplus di bilancio? Macché: nel 2022 il deficit sarà ancora del 5,6%, nel 2023 del 3,9 (e il debito scenderà ancora, al 147,9).

Può stupirsene solo chi dimentica che stiamo parlando di un rapporto: non del debito in cifra assoluta (che continuerà a salire), ma del suo rapporto con il Pil. Se il denominatore (il Pil) cresce più del numeratore (il debito), il rapporto ovviamente diminuisce. E come mai avviene questo? Perché la spesa pubblica spinge l’economia, con buona pace degli “austeritari”.     (segue) 


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 Politica economica Riduci

I mistificatori del debito pubblico
Davvero è quello il nostro problema più grande? Stiamo scaricando un peso sui nostri figli e sulle generazioni future? A entrambe le domande la risposta è un secco “no”, senza ombra di dubbio. Purtroppo le regole europee, ora per fortuna sospese, sono state elaborate in base a questa ottica sbagliata e c’è anche il rischio che si voglia tornare a qualcosa di simile. Sarebbe una pessima mossa. Nel frattempo, qualche economista e molti opinionisti dovrebbero smetterla di dire sciocchezze


Non passa giorno che non si senta in televisione qualche economista che ci rimprovera di “scaricare sui nostri figli l’enorme onere del debito pubblico”. Commentatori e opinionisti di ogni genere fanno coro: il debito pubblico è un mostro che abbiamo creato, che minaccia continuamente di divorarci e di far finire lo Stato in bancarotta. E’ il nostro primo problema, il più drammatico, il più importante. Le nostre forze e il nostro impegno devono prima di tutto puntare a ridurlo, ad ogni costo. A costo di tagliare lo Stato sociale? Ma certo. A costo di lasciare qualche milione di persone senza lavoro? Che ci vuoi fare… A costo di avere, in uno dei paesi più ricchi del mondo, qualche milione di famiglie in povertà? Così va il mondo.

E però: a costo di imporre una patrimoniale? Non sia mai! A costo di aumentare le tasse ai più benestanti? Non scherziamo, le tasse vanno ridotte. Ma allora non è “a tutti i costi”: solo a certi determinati costi. (segue) 


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 Politica Riduci

L’altro discorso di Draghi
Trovata per caso la minuta di un ex allievo di Caffè a cui il neo presidente del Consiglio aveva chiesto suggerimenti, che poi non ha seguito, scegliendo invece quelli di Giavazzi. Le dichiarazioni programmatiche sarebbero state molto diverse

Mario Draghi

Mentre veniva svuotato un bidone della spazzatura di Palazzo Chigi sono saltati fuori dei fogli che si sono rivelati essere una minuta del discorso che Draghi avrebbe fatto in Senato. Come spesso avviene in questi casi, Draghi aveva steso di suo pugno una parte e chiesto suggerimenti a due amici fidati: un vecchio compagno di studi che aveva seguito con lui le lezioni di Federico Caffè, di cui non facciamo il nome, e Francesco Giavazzi. Entrambi hanno elaborato dei testi da inserire in tutto o in parte nel discorso, poi Draghi ha scelto, sappiamo quale dei due. Grazie ad una nostra fonte segretissima siamo riusciti ad avere una copia dell’altra minuta: se avesse scelto quella, il discorso sarebbe stato molto diverso. Eccone i brani di maggior rilievo.

Signori Senatori,

Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale. Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini.

Ma assolto questo compito, il dovere del governo torna quello che così bene è stato espresso nell’articolo 3 della nostra Costituzione: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.    (segue) 


Perché l'esempio danese? Si scrive Draghi, si pronuncia Giavazzi  

Vedi anche: Draghi bifronte 
                    Draghi proposta che non si può rifiutare 
                    Draghi comincia male


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 Europa Riduci

La solidarietà europea
è in cambio di sudditanza

Dopo l’intervento di Lucrezia Reichlin è il membro del board Bce Yves Mersch a chiarire in che consista la “solidarietà europea”. La Bce – dice – deve smetterla di tenere i tassi così bassi, altrimenti gli Stati si finanziano sul mercato e non con il Recovery e il Mes, evitando di sottoporsi alle condizionalità, cioè di farsi dirigere da altri

La bandiera europea strappataEra un vero e proprio avvertimento quello lanciato nell’intervento di Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera. Reichlin è un’economista ben addentro agli organismi istituzionali e sa, quindi, che cosa si muove nelle stanze dove si prendono le decisioni.

Il ruolo che sta svolgendo la Bce, scriveva Reichlin, è reso possibile dal fatto che si è raggiunto in Europa un consenso politico sul modo di affrontare la crisi. Questo consenso è basato anche sull’uso degli strumenti approntati per questo scopo, e quindi se alcuni paesi rifiutano di utilizzarli il consenso potrebbe incrinarsi, e questo si rifletterebbe sulla libertà di azione che è stata data alla banca centrale. Reichlin citava espressamente l’Italia, dove c’è una forte area di opposizione al Mes (a livello politico i 5S e i partiti di opposizione, ma fiancheggiati da un gran numero di economisti dei più vari orientamenti politici), e la Spagna, che non intende ricorrere ai prestiti del Recovery Fund e sfruttare solo la parte cosiddetta “a fondo perduto”.

Bene, una recente dichiarazione di un rappresentante dei paesi definiti “frugali” fa capire che quella non è solo una supposizione dell’economista, ma proprio il tema del prossimo scontro, di quelli che si svolgono nelle stanze del potere e di cui all’opinione pubblica giungono solo brandelli di notizie.     (segue) 


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 Stato sociale Riduci

La sinistra che smonta il welfare
Il ministro Speranza ha ripescato il progetto dei ticket sanitari differenziati a seconda del reddito. Può sembrare un provvedimento “di sinistra”, invece è una pericolosa mina per il modello di welfare universalistico. Su questa strada si va verso il modello americano, in cui si aiutano solo i “poveri” e i servizi scadono di qualità e possono essere ridotti a discrezione del governo di turno

 

Roberto SperanzaCi voleva un ministro – Roberto Speranza – di un partito considerato “di sinistra radicale” per ritirare fuori un provvedimento, quello sui ticket sanitari in base al reddito, già proposto cinque anni fa dal governo Renzi e per fortuna mai entrato in vigore. Il che la dice lunga sulla confusione mentale (a voler essere buoni) o sul proseguimento della deriva liberista (a esser meno buoni) di giovani dirigenti cresciuti nell’epoca della sciagurata “Terza via” cha ha portato al disastro i partiti socialisti e socialdemocratici di quasi tutta l’Europa.

Prima di riproporre l’articolo scritto allora non si può non osservare che, se questo accade, è un preciso segnale che la riflessione sulle cause che hanno portato la sinistra storica a perdere il “suo popolo” non è stata fatta, e non solo da parte dei più giovani. E che dunque rimane una incapacità di comprendere gli effetti di certe decisioni sul lungo periodo, cioè sulla struttura dell’organizzazione sociale. Senza questa analisi, qualsiasi proclama di “svolta” e di “cambiamento” rimarrà privo di contenuto reale e si continuerà a spianare la strada al populismo di destra.

Ecco dunque l’articolo scritto nel 2014. Purtroppo (a parte il fatto che Sergio Marchionne non era ancora scomparso) non c’è nulla da cambiare.   (segue)


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 Politica economica Riduci

La Germania mal guidata
rischia il declino

Investimenti al minimo storico nonostante i tassi negativi sul debito e l’enorme surplus dei conti esteri. Eppure, secondo centri studi come Bruegel e Centre for European Reform, ce ne sarebbe bisogno, nelle infrastrutture e nel sistema educativo. E servirebbero a far stare meglio i tedeschi, che punendo alle elezioni i partiti di governo hanno mostrato il malessere per il numero crescente di lavoratori con bassi salari

 

Germania, tassi e investimentiIl grafico è semplicissimo, appena due linee. L’ha pubblicato su Twitter Christian Odendahl, capo economista del Centre for European Reform, accompagnato dalle poche parole caratteristiche del mezzo. Ma è quanto basta per far capire l’assurdità della politica economica tedesca, quella che Berlino e i suoi alleati hanno di fatto imposto a tutta l’Unione europea.

Prima di parlare di questo è bene sapere che questo think-tank britannico, nella sua presentazione, si definisce “pro-European but not uncritical”, europeista ma non acritico, considera l’integrazione europea “largely beneficial” ma ritiene che “per molti aspetti l’Unione non funzioni bene”. Ne consegue che le sue intenzioni sono di fare critiche costruttive, questo centro non è un nemico dell’UE.

Ma torniamo al grafico, che mostra gli andamenti dei tassi d’interesse sul Bund, il titolo tedesco a dieci anni, e degli investimenti pubblici in Germania. (segue)

Vedi anche: Daniel Gros: "La fine dell'egemonia tedesca"  


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 Politica economica Riduci

Robin contro l’output gap
Altro che Robin Hood, il nostro eroe è Robin Brooks, che dal cuore delle istituzioni del potere fa la guerra all’uso di quelle stime che si usano per dare giudizi sulle politiche di bilancio, dimostrando a suon di grafici che producono risultati assurdi. Se persino gli economisti mainstream mostrano l’insensatezza di questi strumenti, il potere perde qualsiasi alibi per le sue scelte, fatte per favorire i pochi vincenti del turbocapitalismo

Pil e output gap di Italia e Germania - stime FmiAltro che Robin Hood, il nostro eroe è Robin Brooks. Che non è un ribelle che vive nascosto, anzi: è – pensate un po’ – un economista mainstream. Laurea a Yale, master alla London school, poi Fondo monetario (8 anni) e Goldman Sachs. E ora è capo economista all’Iif, Institute of International Finance, che magari non è molto conosciuto dal grande pubblico, ma è tra le più importanti lobby della finanza: basti sapere che ha rappresentato le banche nei negoziati sul regolamento di Basilea 3 e i creditori in quelli sul debito greco del 2011-12. Insomma, un personaggio che si muove nelle stanze del potere, il potere vero.

E come mai ci piace tanto? Perché ha iniziato una battaglia contro l’utilizzo, da parte della Commissione europea e del Fondo monetario, dell’output gap, che è uno dei meccanismi infernali utilizzati per dare giudizi sull’economia di un paese e decidere i limiti della sua politica di bilancio. Brooks ha persino coniato un acronimo,  CANOO, che sta per Campaign against Nonsense Output Gaps, ossia Campagna contro gli insensati output gaps, e produce grafici che mostrano come questo parametro sia completamente sballato e il suo utilizzo abbia effetti devastanti sulle politiche economiche. (segue)

Vedi anche: Cambiare le regole Ue? Chiedere a Bruegel
                   
                   
Secondo i conti Ue stiamo crescendo troppo


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 Lavoro Riduci

Come evitare le trappole
del salario minimo

Esiste in tanti paesi, ma nella situazione italiana può creare problemi. A meno di non arrivarci con una legge che regoli prima di tutto la verifica di quali sindacati – e quali associazioni datoriali – siano davvero rappresentative, cosa ormai non più rinviabile: a causa di una miriade di sindacati e associazioni di comodo è stata superata la mirabolante cifra di 900 contratti nazionali di lavoro

Il salario minimo nei paesi Ocse

Provate a chiedere a una persona qualunque quanti sono i contratti nazionali di lavoro. Ho fatto questo esperimento, mi hanno risposto una ventina. No, di più. Trenta? Quaranta? No, di più, molti di più. Cento? Duecento? Macché. Al Cnel, dove vengono registrati, dicono che ormai è stata superata la mirabolante cifra di novecento! E per di più il loro numero sembra destinato ad aumentare ancora: solo un paio d’anni fa erano circa 750.

E’ chiaro che c’è qualcosa che non va, anzi, più di qualcosa. Il fatto è che la grande maggioranza di questi contratti è una sorta di truffa, sono stipulati da sindacati di comodo e altrettanto improbabili associazioni padronali. (segue) 

La Torino-Lione                     L’economia è una                 Blanchard: il debito pubblico
non vale una guerra
                scienza inutile?                     non è poi così male

Ashoka Mody: come uscire   Sanders, Corbyn, Zingaretti  Anche i Draghi
dall’“Eurotragedia”
               Trova l’intruso                       sbagliano

                                          I dazi non ci sono, il dumping sì
 
 

 

 


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 Economia Riduci

La lezione del QE
(che non sarà ascoltata)

Il quantitative easing, l’acquisto di titoli sul mercato da parte della Bce, volge al termine e se ne può fare un bilancio. Ha certamente evitato il peggio, ma non si può dire che abbia ottenuto i risultati che si era proposto. Soprattutto, è stato una grande prova empirica degli errori delle teorie economiche dominanti


Le tappe del Qe

(pubblicato su Micromega-online il 28 set 2018)

Il quantitative easing (QE), ossia l’acquisto straordinario di titoli di Stato e obbligazioni societarie da parte della Bce, sta per finire. Che bilancio se ne può fare?

Dei suoi effetti sull’economia si è già molto discusso, e se ne può fare un breve ricapitolo. Poco si è parlato, invece – almeno fuori dalle accademie – di un’altra conseguenza, di importanza anche maggiore, perché da essa dovrebbe derivare un rovesciamento delle politiche economiche europee. Che non sta avvenendo e non avverrà, cosa per cui ci sono motivi che si possono individuare.

Lo scopo dichiarato del QE era quello di ripristinare una corretta trasmissione della politica monetaria, evitare i pericoli di deflazione stimolando l’economia e riportare l’inflazione “sotto, ma vicina, al 2%”: quest’ultimo era forse quello considerato più importante, vista la missione affidata alla Bce dal suo statuto. Oggi, dopo tre anni e mezzo (il QE è iniziato nel marzo 2015), l’inflazione è intorno a quel livello in vari paesi dell’eurozona e nella media era proprio al 2% secondo gli ultimi dati (luglio), anche se quella cosiddetta “core”, cioè depurata dalle componenti più volatili (energia, cibi freschi, alcool e tabacchi) segnava solo + 0,9%.  (segue) 


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 Politica Riduci

La Patria è di destra
o di sinistra?

Ennesima polemica a sinistra, scatenata dal fatto che Stefano Fassina ha chiamato la sua associazione culturale “Patria e Costituzione”, attirandosi subito l’accusa di “rossobrunismo”. Chi la lancia non sa quel che dice, anche se l’uso di quel termine è discutibile, ma per ragioni del tutto diverse

Foto simbolica della PatriaLa sinistra dispersa e litigiosa ha trovato un nuovo motivo di divisione e di insulti. L’occasione è stata la costituzione di una nuova associazione culturale, promossa da Stefano Fassina con Alfredo D’Attorre e un nutrito gruppo di intellettuali, che ha lo scopo di incidere sul dibattito politico costruendo una cultura per la sinistra dell’attuale momento storico. Ma a scatenale le polemiche è stato soprattutto il nome, che Fassina ha scelto nonostante i dubbi avanzati da alcuni partecipanti alla discussione: “Patria e Costituzione”. Tanto è bastato per attirare l’insulto di moda, peggiore anche di “populismo” e “sovranismo”, ossia quello di “rossobrunismo”, cioè un ibrido tra posizioni di estrema sinistra ed estrema destra.

Se usare il termine “Patria” basta per essere accusati addirittura di filo-nazismo (le “camicie brune”, come si ricorderà, erano appunto i nazisti), bisogna dire che il dibattito politico è scaduto a livelli inferiori a quelli di un Bar Sport.  (segue)  

 


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 Europa Riduci

Draghi spiega la finanza
ai tedeschi

Il presidente della Bce chiarisce che “la dicotomia tra “riduzione del rischio” e “condivisione del rischio” che caratterizza il dibattito attuale è, per molti versi, artificiosa. Con una giusta cornice politica, questi due obiettivi si rafforzano vicendevolmente”. Un messaggio a quei tedeschi e francesi che fanno progetti ma non capiscono le dinamiche di mercato. Il “saggio” tedesco Bofinger invece le capisce e anche lui boccia i progetti
 

Mario DraghiMentre l’Italia è assorta nel seguire le evoluzioni del quadro politico, in Europa si continua a discutere di una questione ancora più importante per il nostro futuro, ossia la riforma delle strutture dell’Unione. Merkel e Macron hanno annunciato un loro progetto congiunto entro giugno, e si sa che – al di là di qualsiasi aspetto formale – quella su cui ci sia l’accordo di Germania e Francia è in pratica “una proposta che non si può rifiutare” (l’assonanza con altre situazioni è voluta).

Le riforme di cui si parla si stanno evolvendo in un modo che provocherebbe al nostro paese una crisi forse peggiore di quella del 2011-12, che si potrebbe persino propagare all’intera eurozona. Il fatto è che i politici, ma anche i loro economisti di riferimento, sia tedeschi che francesi, nonostante la loro adorazione per il “dio mercato” stanno dimostrando di non aver capito come il mercato funziona, specialmente quello della finanza. Ci ha dovuto pensare Mario Draghi, qualche giorno fa, a spiegarglielo, come suo solito con un discorso in cui il livello di diplomazia è persino più raffinato di quello tecnico. Quattro giorni dopo ancora più chiaramente si è espresso Peter Bofinger, uno dei “cinque saggi” tedeschi; anzi, dovremmo dire l’unico saggio dei cinque, visto che le posizioni degli altri sono del tutto consonanti con l’impostazione non si sa se più sbagliata o più criminale che ha seguito finora la politica europea. (segue) 

Vedi anche:
Otto piccoli euroegoisti 


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 Lavoro Riduci

Lavorare meno,
fare la fame (quasi) tutti

Lo slogan sindacale degli anni ’70 è stato realizzato dal capitalismo del terzo millennio, ma a suo modo. Con l’ingresso sul mercato dei lavoratori dei paesi di nuova industrializzazione, in tutti quelli già sviluppati va scomparendo il “posto fisso”, scendono le ore lavorate e calano le retribuzioni per la maggioranza, mentre una quota minoritaria guadagna più di prima. E’ il risultato della grande svolta a destra degli anni ‘80

 

Ore lavorate Usa, Giappone, media Ocse“Lavorare meno, lavorare tutti”. Quando Pierre Carniti lanciò questo slogan, negli anni ’70, non poteva certo immaginare che il capitalismo del terzo millennio lo avrebbe realizzato, ma in modo molto diverso da quello che il carismatico ex leader della Cisl aveva in mente. In tutto il mondo – salvo eccezioni – le ore lavorate in un anno per occupato scendono e c’è più gente che lavora, ma non c’è traccia del miglioramento della qualità della vita a cui puntava Carniti; anzi, accade il contrario.

Da allora è passato quasi mezzo secolo, e quello di oggi è un altro mondo. Il posto di lavoro classico, sei o cinque giorni alla settimana a tempo pieno, con un orario sempre uguale e una relativa sicurezza che così sarebbe stato fino alla pensione, riguarda ormai sempre meno persone.  (segue) 


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 Lavoro Riduci

Chi ruba il lavoro ai giovani
Gli economisti discutono se l’allungamento dell’età pensionabile riduca le nuove assunzioni e due recenti ricerche sostengono che questo può avvenire in situazioni particolari, e infatti in Italia è avvenuto. Ma non è questione di studiare casi specifici: il punto è se si sceglie come obiettivo la piena occupazione o si accetta un’organizzazione sociale che sconta che ci siano disoccupati
 

 

Un impiegato avanti con l'età“E’ una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti”. Le parole del Papa hanno rilanciato un dibattito che impegna da tempo economisti, politici e sindacalisti. Gli anziani tolgono il lavoro ai giovani? Le due posizioni contrapposte, di chi ne è convinto e di chi lo nega, hanno ancora i loro militanti, specie tra gli economisti con indefettibili convinzioni ideologiche (come il direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Alberto Mingardi), ma oggi sembrano tendere a un compromesso, come mostra nella sua ottima rassegna sull’argomento Nicola Salerno (economista che lavora all’Ufficio parlamentare di bilancio).  (segue) 

Vedi anche: Cercasi ingegnere triligue, tirocinio a 600 euro


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 Politica Riduci

Lo Stato sfruttatore
La vicenda degli “scontrinisti” della Biblioteca nazionale è l’ultimo di moltissimi episodi analoghi, che vanno letti entro una tendenza di lungo termine. La riduzione del perimetro pubblico va avanti da anni, lo Stato esternalizza i suoi servizi affidandoli ai privati che li svolgono attraverso cooperative e enti del Terzo settore. Chi ci lavora è per lo più precario, malpagato e con pochi diritti. Si risparmia? No, in molti casi si spende di più

Manifestazione degli "scontrinisti"

La vicenda degli “scontrinisti” della Biblioteca nazionale era appena esplosa quando al Forum della PA sono stati diffusi i dati sui dipendenti pubblici, da cui è risultato che sono diminuiti di 237.000 unità negli ultimi dieci anni. Sembra tanto, ma non è tutto.

Quando furono pubblicati i dati del censimento 2011 ci fu chi si prese la briga di fare un confronto con i dati del censimento precedente, quello del 2001. Riportiamo un brano da quell’articolo di Attilio Pasetto.

“Il cambiamento più rilevante è la crescita del Terzo settore a scapito della pubblica amministrazione. Le istituzioni pubbliche sono infatti diminuite in dieci anni del 21,8% in termini di unità e dell’11,5% come addetti, a fronte di aumenti, rispettivamente, del 28% e del 39,3% delle istituzioni non profit. (…) I due fenomeni speculari - arretramento della PA e crescita del non profit - si colgono in maniera evidente nel sistema di welfare. Nel settore dellistruzione le istituzioni non profit contano nel 2011 per il 13,1% in termini di addetti, con un aumento del  76,3% rispetto al 2001. Il ruolo della PA rimane preponderante, con l81,5%, ma in calo del  10,3% sul 2001. Nella sanità e assistenza sociale il non profit ha un peso molto alto, pari al 24%, con una crescita in dieci anni del 47,2%, a fronte di un peso della PA sceso al 43,5% per effetto di un calo dell8,6%. Occorre aggiungere che in entrambi i settori cresce anche il ruolo delle imprese private, con incrementi dal 2001 al 2011 del 21,9% nellistruzione e del 40% nella sanità. In questultimo comparto il peso delle imprese private raggiunge ora il 32,5%”.   (segue)   

Vedi anche: Lo Stato abbattuto dai "volontari" 
                    La privatizzazione cattolica del welfare


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 Politica Riduci

Hollande, Gentiloni, Merkel, Draghi
Europa, 60 mal portati
Le belle  parole del vertice di Roma non cambiano la realtà di un'Unione fortemente caratterizzata dall'ideologia liberista dove la competitività e il controllo dei prezzi valgono più dell'occupazione e del benessere, in contrasto con lo spirito della nostra Costituzione. Ma buona parte della classe dirigente italiana è in sintonia con questa visione e sembra non capire che farsi governare da altri non è mai un vantaggio. Non si tratta di tornare al nazionalismo, ma al controllo democratico

C'è chi con l'età diventa più saggio e tollerante, e chi invece sempre più acido, rigido e pretenzioso, rischiando di divenire inviso anche a chi gli voleva bene. Se l'Europa fosse una persona ricadrebbe in questo secondo caso. L'immagine di popoli che si legavano sempre più tra loro in nome della pace e di una maggiore prosperità e aiutavano chi era più indietro a migliorare la sua condizione man mano è diventata quella in cui alla solidarietà si è sostituita la competizione, alla pari dignità l'egemonia di qualcuno su tutti gli altri, all'aiuto a chi è in difficoltà l'imposizione di penitenze, secondo torti e ragioni stabiliti dalla logica del più forte.  (segue)


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 Lavoro Riduci

Licenziati per profitto
Una sentenza della Cassazione ribalta i criteri in base ai quali si stabiliva il "giustificato motivo" del licenziamento: non conta se l'azienda è in difficoltà, sulla tutela del posto di lavoro prevale quella della libertà imprenditoriale. Un'interpretazione forzata della Costituzione che risponde ai paradigmi della cultura politico-ideologica dominante

Magistrati della CassazioneL'aumento del profitto è più importante del mantenere un posto di lavoro. Nei giorni scorsi una sentenza della Cassazione (segnalata da Italia Oggi e ripresa da Repubblica) ha convalidato un licenziamento motivato con il perseguimento di una maggiore efficienza da parte di un'azienda né in crisi né in passivo. Questa la frase-chiave della motivazione:

"Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa".  (segue) 

Vedi anche:
Licenziati per profitto/2 - Intervento di Nicola Acocella e Riccardo Leoni

 


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 Politica economica Riduci

Incapaci o criminali
Altro che il '29!

Se si guardano i dati di lunghissimo periodo Istat-Bankitalia ci si accorge che questa crisi è enormemente più grave di quella passata alla storia come "Grande". Non dappertutto, però: in Europa peggio che altrove e in Italia peggio che in Europa. Che dipenda dalle politiche non c'è dubbio e ne resta solo uno: incapacità o disegno scellerato?


Si continua a dire che questa è "la più grande crisi dell'ultimo secolo dopo quella del '29". Beh, l'affermazione è corretta solo se con quel "dopo" si indica l'ordine cronologico, perché questa crisi non è comparabile a quella: è molto più grave. Per verificarlo basta guardare un paio di grafici che Nicola Salerno ha tirato fuori dalle serie storiche Istat-Bankitalia. Il primo mostra l'andamento del Pil pro capite dall'unità d'Italia al 2015. Eccolo qui a fianco.

Come si vede, quando si prendono i dati di lunghissimo periodo le cose cambiano aspetto, e la crisi del '29 diventa un ribassino della curva paragonabile al massimo alla crisi petrolifera degli anni '70.  L'unco forte arretramento è quello corrispondente alla seconda Guerra mondiale, dopo la quale il Pil pro capite inizia una volata lunga più di cinquant'anni, con qualche episodico arretramento che non modifica il trend ascendente.

Nel 2008, però, si spalanca l'abisso. La discesa è quasi il doppio di quella della guerra, e quella che chiamano "ripresa" è solo un arresto della caduta con un rialzino a stento percettibile. Dopo la crisi del '29, a quest'ora, avevamo recuperato.  (segue)  

Vedi anche: Altro che il '29/2 - Partono i bastimenti


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 Economia Riduci

Italia campione nel saldo primario

Italia '90-'95,
gli anni della svolta

In quel quinquennio, iniziato con il Trattato di Maastricht, proseguito con la crisi finanziaria e di conseguenza la moderazione salariale, le privatizzazioni, il bilancio pubblico in saldo primario, comincia a cambiare concretamente il modello sociale ed economico costruito nei decenni precedenti

Per il numero dei 30 anni di Affari & Finanza mi era stato chiesto un articolo su questo periodo, ma non ci si era chiariti sul fatto che dovesse essere focalizzato essenzialmente sulle banche. Così, dopo i primi capoversi, ho modificato quello poi uscito sul giornale il 24 ottobre 2016 (che trovate qui). Ma pubblico anche questo perché penso che anche  altri eventi che non entravano nelle 80 righe prescritte (...i limiti dell'informazione su carta) meritino di essere ricordati, seppure in poche righe.

Nel corso del 1990 due Consigli europei definivano quello che sarebbe stato il Trattato di Maastricht, che sarebbe stato approvato nella cittadina olandese il 9 dicembre 1991 e firmato ufficialmente il 7 febbraio dell'anno successivo. L'elaborazione avveniva l'anno dopo la caduta del Muro di Berlino, e questo non è senza significato. Quella che era stata considerata l'alternativa al capitalismo era fallita, sconcertando anche i socialdemocratici che pure non avrebbero dovuto sentirsi toccati dalla fine di un'idea politica che in teoria avevano da tempo ripudiato. Così, anche le sinistre riformiste si arresero a quella che appariva l'ideologia vincente: senza riflettere sul fatto che le teorie economiche allora egemoni (e purtroppo ancora oggi) rappresentavano solo una delle possibili forme di capitalismo, e per giunta quella più intrinsecamente reazionaria. Gli anni '90 dell'Italia vanno visti attraverso questa chiave di lettura: è allora che inizia la trasformazione, tuttora in atto, del modello sociale costruito in Europa nel dopoguerra.  (segue)  

E Scalfari disse: "Andiamo alla Magliana"
Affari & Finanza compie 30 anni. Un ricordo di quando nacque


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 Politica economica Riduci

Nel Sud salari troppo alti?
Come no...

Uno studio di Andrea Ichino, Tito Boeri e Enrico Moretti sostiene che i salari minimi fissati nei contratti nazionali avvantaggiano gli occupati del sud e impediscono lo sviluppo dell'area. Ma, a parte vari problemi metodologici, un'indagine Bankitalia mostra che nel settore privato meridionale già ora si guadagna molto meno che al Centro-Nord. L'obiettivo della ricerca appare dunque più politico che scientifico

Le differenze salariali tra Sud e Centro-NordSono i contratti nazionali la rovina del Sud? Lo affermano, in uno studio ancora non pubblicato, tre noti economisti: Andrea Ichino, dell'Istituto universitario europeo di Firenze, che ha presentato la ricerca al Festival dell'economia di Trento; Tito Boeri, della Bocconi, attualmente presidente dell'Inps; e Enrico Moretti, dell'Università di California, un cui saggio del 2013 (“La nuova geografia del lavoro”) ha suscitato grande interesse negli Usa, tanto  da farlo convocare alla Casa Bianca per parlarne. Ichino è fratello di Pietro, alfiere delle proposte per il "superamento" dell'articolo 18 (detto in volgare: per facilitare i licenziamenti) che poi sono state sostanzialmente recepite nel Jobs act del governo Renzi. E dunque nelle proposte dei tre (d'ora in poi, IBM: la consonanza con la multinazionale è casuale) si coglie una certa aria di famiglia. (segue) 


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 Politica economica Riduci

La politica che aiuta i ricchi
Tre semplici grafici sugli andamenti della diseguaglianza, del numero dei ricchi e di quello del poveri nell'ultimo mezzo secolo mettono in evidenza gli effetti delle politiche che si sono diffuse in tutto il mondo dopo la svolta neo-conservatrice dell'inizio degli anni '80. In Italia la svolta avvenne con la crisi del '92

Andamenti di siseguaglianza, numero di ricchi e di poveriSi è detto e scritto moltissime volte che le politiche economiche che hanno cominciato a conquistare l'egemonia nel mondo a partire dagli anni '80 del secolo scorso sono intrinsecamente di destra, ossia a vantaggio dei pochi e a danno della maggioranza. Si è detto tante volte che sembrerebbe inutile ripeterlo, se non fosse che le formazioni politiche che agiscono in base a quei principi continuano ad essere al potere in tutti i paesi avanzati. Perciò, quando capitano sotto gli occhi dei grafici che rendono ancor più evidente ciò che per molti ancora non lo è, vale la pensa di diffonderli, hai visto mai che provocassero qualche ripensamento.
                                                                                                                            (segue)


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 Politica economica Riduci

Riforme del lavoro sbagliate
Lo dice uno studio del Tesoro

Un paper pubblicato dal ministero dell’Economia esamina il mercato del lavoro dal ’97 (“Pacchetto Treu”) alla legge Fornero, per valutare gli esiti dei cambiamenti. Conclusione: “La dinamica occupazionale è peggiorata, la flessibilità è una trappola”

Matteo Renzi e Giuliano PolettiLe riforme del lavoro fatte finora sono state un fallimento. A dirlo non è la Fiom o un qualche studioso “antagonista”, ma uno studio del ministero dell’Economia, che non ha avuto molta eco e che, soprattutto, non sembra essere preso in considerazione per l’annunciato job acts, che appare voler proseguire sulla stessa linea delle precedenti modifiche.

Lo studio si intitola “Valutazione di interventi di riforma del mercato del lavoro attraverso strumenti quantitativi” e gli autori sono Germana Di Domenico, del Mef-Dipartimento del Tesoro e Margherita Scarlato dell’Università Roma Tre. Sul paper è indicata la formula di rito “Il documento riflette esclusivamente le opinioni degli autori e non impegna in alcun modo l’Amministrazione”, la stessa che appare, per esempio, sugli studi della Banca d’Italia, ma si può considerare una foglia di fico istituzionale, usata per dire che cosa si pensa senza farlo apparire una presa di posizione ufficiale.
                                                                                                                  (segue) 
Vedi anche:
Maledetto lavoro 
                    Lavoro, cresciuto solo un Pil  


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 Politica economica Riduci

Come si battono
disoccupazione e debito

In Usa il tasso dei senza lavoro è sceso in aprile sotto il 6,5%, l’obiettivo che la Fed aveva annunciato l’anno scorso, e anche il rapporto debito/Pil comincia a calare. In Europa è il contrario e in Italia va (quasi) peggio di tutti. Ma l’evidenza di una politica sbagliata non conta perché la classe dominante persegue un altro scopo


Il debito pubblico Usa in rapporto al debitoBen Bernanke sì che lo può dire: “Fatto!”. L’ex presidente della Fed, l’anno scorso, aveva posto come obiettivo prioritario della politica della banca centrale Usa la discesa della disoccupazione al di sotto del 6,5%, obiettivo confermato dall’attuale presidente Janet Yellen. E i dati diffusi venerdì dicono che la disoccupazione è scesa in aprile al 6,3%. Poco più della metà della media europea, che è all’11,8, e meno della metà del tasso italiano, al 12,7%. Una differenza abissale.

Se se ne chiedesse il motivo a quegli economisti comunemente definiti “liberisti”, o magari al tetragono commissario europeo Olli Rehn, probabilmente comincerebbero a decantare le virtù del mercato del lavoro americano, completamente deregolamentato, dove si può assumere o licenziare senza alcun problema o limite. E’ questa la stella polare dei tecnocrati e della maggior parte dei politici europei, insieme al consolidamento dei conti pubblici, cioè alla riduzione di deficit e debiti. Ma i fatti dicono che è il primo obiettivo ad essere considerato più importante, e se si persegue quello gli arcigni custodi dei decimali sono disposti a chiudere un occhio – e anche tutti e due – sul resto. Vedi l’atteggiamento verso la Spagna, dove il governo Rajoy ha fatto una durissima riforma del lavoro, cosa che gli è valsa una tolleranza clamorosa sull’aggiustamento dei conti pubblici, che continuano a presentare un deficit alle stelle.
                                                                                                              (segue)


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 Economia


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 Così è se mi pare Riduci

Il debito, il P.A.D.R.E. e la zia Angela
Due economisti lanciano una nuova proposta definita “politicamente accettabile” (l’acronimo è P.A.D.R.E.) per la ristrutturazione dei debiti pubblici di eurolandia. L’idea, come altre già avanzate in passato, è buona. Ma si può scommettere che incontrerà la netta opposizione della Germania

 


Vendere Enav è come aumentare le tasse
Fare entrare i privati nei servizi pubblici essenziali significa rinunciare a fornirli al minor costo possibile, perché ai costi di gestione si devono aggiungere i profitti. Inoltre si genera un conflitto d’interesse con gli utenti.Sostenere che la presenza dei privati comporta sempre più efficienza è una posizione ideologica

Competitività, oltre il Clup un mondo inesplorato
Si continua a guardare quasi soltanto al costo del lavoro per unità di prodotto, ma i salari pesano in media solo il 15% sul totale dei costi. Nessuno però si preoccupa di confrontare gli altri fattori, mentre in quell’85% ci sarebbero parecchie cose su cui intervenire, dall’energia ai servizi alle imprese ai compensi dei top manager. Tutti settori presidiati da lobby potenti



Euro, perché serve un “piano B”

La dissoluzione della moneta unica non è probabile, ma resta comunque possibile anche per eventi indipendenti dalle nostre scelte. Discutere, anche a livello istituzionale, di cosa fare in quel caso non potrebbe essere visto come una mossa anti-europea: potrebbe però rafforzare la nostra posizione nelle trattative politiche



Aiuti all’industria, ultimi in Europa
Gli aiuti di Stato sono generalmente vietati, ma sono ammessi per obiettivi specifici approvati dalla Commissione e gli altri paesi ne erogano dal doppio a quasi il triplo di noi, che da vent’anni non facciamo che ridurli. Il Rapporto Met fa il punto e mette in evidenza un altro fatto: al Sud non va più quasi nulla


Il vincolo esterno e le gambe dei cani

Il premier Enrico Letta afferma che i vincoli di bilancio fanno bene all’Italia, ma la nostra storia dice che i vincoli esterni, anche a causa dell’incapacità delle nostre classi dirigenti, hanno portato più danni che benefici. E allora? Affidarci all’Europa? No: è guidata da leader altrettanto incapaci, se non di più



Giappone, età della pensione: mai
Il ministro dell'Economia giapponese annuncia un clamoroso progetto: "Una società nella quale le persone rimangano attive tutta la vita". Nel frattempo si discute dell'"Abenomics", la politica lanciata dal premier Abe: uno stimolo-monstre che vale il 40% del Pil e l'indebolimento del cambio del paese con il secondo surplus commerciale del mondo


Crescere o decrescere, questo è il problema
Una interessante polemica sul Corriere della Sera tra Antonio Pascale e Sandro Veronesi, che avanzano entrambi buone ragioni. Anch'io avevo scritto in passato qualcosa sull'argomento, La sostenibile leggerezza del Pil


Privatizzazioni? Elogio del clientelismo
Ce le chiede perentoriamente l’Unione europea, le pretendono i mercati, sono previste nella manovra economica. Ma è davvero una buona idea? Bisognerebbe riflettere sul fatto che se l’Italia è diventata una delle prime economie mondiali è grazie all’intervento pubblico


I sette giorni che cambiarono la finanza

Il Mount Washington Hotel a Bretton WoodsQuesta è una fiction, ma mica tanto. 
La crisi che precipita, il commissariamento dell’Italia, una svolta politica imprevista. Poi l’arrivo di un personaggio in grado di parlare al mondo e dettare le sue condizioni. Tra realtà e fantasia, la storia di come potrebbe andare

 


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 Gli articoli più recenti


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 Europa Riduci

 
Le regole sbagliate
di un mondo
che non c’è più

Le norme europee sono sospese, ma le ipotesi di modifica non promettono bene. Il testo del mio intervento al seminario “Dopo le crisi – Dialoghi sul futuro dell’Europa”, promosso da Alessandro Somma e Edmondo Mostacci, che è poi diventato un libro per Rogas edizioni

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 Libri Riduci

L’Europa vista
da un riformista

Le crisi, dice Francesco Saraceno, hanno forzato novità fino a poco fa impensabili nella politica europea. Ciò significa che ha torto chi sostiene che nulla può cambiare e che bisogna combattere per riforme che rimedino ai profondi difetti di una costruzione pensata sulla base di teorie non più proponibili. E formula una serie di proposte che potrebbero surrogare le funzioni di un’unione federale che non appare realizzabile in un futuro prossimo
Vedi anche: In economia conta più la fede che la scienza

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 Politica Riduci

Allora licenziamo
i dirigenti pubblici

Il “governo dei migliori” ci ha appena fatto sapere che a fare il Recovery Plan da solo non ce la fa, e ha bisogno della consulenza della McKinsey. Eppure il Mef può contare su un “Consiglio tecnico-scientifico degli esperti”, e nelle sue varie articolazioni ha vari uffici studi, così come gli altri ministeri. Tutti incapaci? Difficile da credere. E altrettanto strano è che la multinazionale della consulenza si accontenti di una parcella minimale, alimentando il sospetto che il suo profitto arriverà per altre vie

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 Politica economica Riduci

 

Mes, “ce lo chiede l’Europa”?
Secondo l’autorevole economista Lucrezia Reichlin fa parte dell’accordo politico che permette al la Bce di agire come sta facendo, e non ricorrervi potrebbe incrinare il consenso europeo e frenare la banca centrale. Tesi singolare: non solo l’Italia, ma anche tutti gli altri paesi si stanno tenendo alla larga da questo istituto con cui si rischia di veder arrivare la Troika

Vedi anche: Riforma del salva-Stati, fermate quel mostro 

Una pseudo Bce-2 ancora più tedesca 

Il Mes serve: a legarci le mani 


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 Politica economica Riduci

 

Fmi e Unctad rottamano le teorie liberiste
Il Fondo demolisce un altro dei caposaldi del pensiero finora dominante, affermando che gli investimenti pubblici sono utili e stimolano quelli privati. L’organismo dell’Onu per lo sviluppo va oltre, condanna l’austerità e propone, per superare la crisi, una strategia radicalmente diversa da quelle passate

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 Europa Riduci

 Gentiloni e Dombrovskis

Conti, la Ue cambia metodo, ma...
Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis si è richiamato a una proposta dell’European Fiscal Board che, oltre a rottamare l’output gap, propone di introdurre una golden rule parziale (gli investimenti in progetti europei non verrebbero conteggiati nella spesa) e – senza nominarli – gli eurobond. C’è da scommettere che verranno accolti solo i suggerimenti che cambino il meno possibile delle impostazioni attuali

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 Lavoro Riduci

Giugni e Brodolini 
La stagione dei
diritti: come
nacque lo Statuto

A dieci anni dalla scomparsa si ricorda Gino Giugni, protagonista dell’elaborazione di quella legge, voluta dal ministro Giacomo Brodolini “per far entrare la Costituzione nelle fabbriche” e portata a compimento dal suo successore Carlo Donat Cattin. Un periodo in cui “fare le riforme” significava migliorare le condizioni dei lavoratori

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 Lavoro Riduci

 
Il “Decreto dignità”
ha funzionato

A un anno dall’entrata in vigore del provvedimento l’occupazione non è diminuita, mentre si sono ridotti i contratti a termine e sono aumentati quelli a tempo indeterminato: proprio quello che ci si proponeva. Una smentita per chi profetizzava che questa modesta riduzione della flessibilità del lavoro avrebbe prodotto disastri

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 Politica Riduci

 Corbyn
I veri motivi
della sconfitta
di Corbyn

E’ la Brexit, una battaglia che il Labour non poteva combattere, il motivo principale dell’esito elettorale. Quasi tutti o collegi passati ai Tory avevano una maggioranza di Leave. Ma c’è anche un altro motivo: la vecchia guardia blairiana non ha mai accettato il ritorno a un programma socialdemocratico, che ha invece entusiasmato giovani e militanti

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 Lavoro Riduci

Mondine manifestano per le 8 ore 
Quando le mondine
piegarono gli agrari

All’avanguardia nella conquista delle otto ore di lavoro furono le mondariso di Vercelli, che non temevano nemmeno di affrontare la Regia Cavalleria, e vinsero la loro battaglia il 1° giugno 1906. Un romanzo storico di Sergio Negri racconta quel periodo e quella lotta

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 Politica Riduci

Sergio Mattarella 
La Costituzione
secondo Mattarella

Nella lettera ai presidenti delle Camere il capo dello Stato circoscrive i compiti della Commissione sulle banche con affermazioni piuttosto sorprendenti, come quella che il Parlamento non sarebbe “sopra ordinato” a nessuna delle authority e una lettura dell’art. 41 che si ferma alla libertà dell’iniziativa privata. Il presidente ha forse motivo di non fidarsi di questa maggioranza, ma le sue interpretazioni della Carta lasciano seri dubbi

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 Economia Riduci

L'ultimo libro del governatore
Bolle, tassi
e tasse


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Ambiente
Osanna a Greta
incentivi a chi inquina

 


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 Economia Riduci

Carlo Cottarelli 
Cottarelli, quando
gli economisti
danno i numeri

Se non si fossero fatte politiche di austerità il debito dell’Italia in rapporto al Pil sarebbe al 145%, afferma Carlo Cottarelli. Ma questi conti non hanno nulla di oggettivo, sono fortemente influenzati dalla teoria economica sottostante, che in questo caso è quella che i fatti hanno smentito, tanto da spingere l’ex capo economista del Fmi a fare autocritica. Eppure si continua ad applicarla, perché è funzionale alle politiche economiche di destra

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 Europa Riduci

Trump e Merkel
Le regole di Merkel
e il randello di Trump

“L’Unione europea si basa sul rispetto delle regole”, ha detto la cancelliera. Ma è proprio la Germania a ignorare quelle più importanti per il funzionamento di una unione monetaria: un saggio di Sergio Cesaratto spiega come la politica che i tedeschi seguono da sempre – e che non hanno intenzione di cambiare – sia disfunzionale per la Ue. Ma lo è anche per altri paesi, e l’America di Trump sembra decisa a una prova di forza

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 Europa Riduci

 
Italiani e spagnoli,
chi è più ricco?

Gli spagnoli ci hanno sorpassato per reddito pro capite, dice il Fmi. Macché, sono ancora indietro, secondo Eurostat. Chi sbaglia? Pochi se lo chiedono, molti invece approfittano per cantare le lodi dell’austerità spagnola, che li fa crescere più di noi. Ma i dati, oltre che saperli leggere, bisogna pure guardarli tutti

Vedi anche: I segreti della Spagna

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 Politica Riduci

 
Piketty: i Bramini
che si sono presi
la sinistra

Il nuovo saggio dell’economista francese studia i comportamenti elettorali in Francia, Usa e Regno Unito dal 1948 al 2017 e ne conclude che i sistemi politici non si possono più interpretare in base alla lotta di classe. A confrontarsi sono due diverse élite, quella degli intellettuali (i “Bramini”) nei partiti di sinistra tradizionale, e quella degli affari (i “Mercanti”) in quelli di destra. Per i più svantaggiati restano i “populismi” e ancor più il non voto

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 Europa Riduci

Che si può fare
con questa Europa

“Europa: quali regole rivedere (e come) per salvare l’Unione” era il tema del seminario che si è tenuto a Roma 3. Il testo del mio intervento

Vedi anche:
Il progresso corre in retromarcia

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 Stato sociale Riduci

 
L’università gratis
non è
un’idea balzana

Premesso che il problema più urgente è il drammatico sottofinanziamento, avrebbe senso rendere anche l’istruzione terziaria un compito dello Stato sociale. E il welfare, se non è universale, viene inevitabilmente sottoposto a pressioni politiche per limitarne sempre più la portata, come accade ad esempio negli Usa, dove esiste solo un ridotto “welfare per i poveri”. L’Italia è su quella strada, che porta verso un modello di società non inclusiva

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 Politica economica Riduci

Jeremy Rifkin
Se la regina
avesse chiesto
a Rifkin

In visita alla London School Elisabetta chiese agli economisti: "Come mai nessuno aveva previsto questa crisi?". In realtà l'avevano prevista gli economisti che non seguivano la teoria dominante. Come Jeremy Rifkin, di cui riproponiamo un'intervista di 20 anni fa sorprendentemente attuale anche per le tematiche legate al lavoro

Vedi anche: Merito del Jobs Act?

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 Economia Riduci


I cialtroni
delle classifiche

Ambiente per gli affari, libertà d’impresa, corruzione, persino libertà di stampa: l’Italia risulta sempre in pessima posizione. Ma come sono fatte queste graduatorie? Ambrosetti le ha analizzate scoprendo errori grossolani di metodologia e con l’aiuto di tecnici qualificati ne ha stilata un’altra sull’attrattività per gli investimenti: risultiamo al 14° posto su 144 paesi

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 Politica europea Riduci


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 Finanza Riduci

 
La leggenda
dei tassi pre-euro

Alcuni economisti hanno affermato che prima della nostra adesione alla moneta unica l'inflazione era alle stelle e gli interessi sul debito a doppia cifra, attribuendo più o meno esplicitamente a quella scelta la loro discesa. Ma sbagliano sui numeri, e non solo: trascurano il fatto che quegli andamenti sono stati uguali dappertutto

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 Politica Riduci

 Giuliano Amato
Amato l'ordoliberale
Così si è definito durante un dibattito. Una conversione sorprendente per chi ha una storia che viene dal socialismo. L'ordoliberismo, nato in Germania negli anni '30, propugna la concorrenza e la stabilità monetaria come principi prioritari e ha una visione organicistica della società. Nell'attuale costruzione europea c'è la sua impronta nefasta.  L'equivoco di ritenere l'"economia sociale di mercato" simile alla socialdemocrazia

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 Economia Riduci

Manifestazione contro il Trattato 
Trattato Truffaldino
da Imporre ai Popoli

Sarebbe questa una traduzione più appropriata della sigla Ttip, un trattato che non serve alla crescita - anzi, secondo uno studio con il modello Onu danneggerebbe l'Europa - privatizzerebbe i servizi pubblici, metterebbe a rischio le norme a tutela della salute e del lavoro e soprattutto esproprierebbe i governi democratici della possibilità di decidere su quasi tutto
Vedi anche:
Calenda: "Non rischiamo che decidano i Parlamenti"   
Il cavallo di Troia del Ttip  
La Commissione ha ceduto: il Ceta passerà dai Parlamenti 

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 Europa Riduci

La sfiducia a Corbyn
I killer
della Terza via



Brexit, ma quali giovani
e quali laburisti...

I blairiani del Labour tentano l'affondo contro Corbyn affermando che i loro elettori non hanno seguito le indicazioni del partito, ma secondo YouGov ben il 68% l'ha fatto. E il proclamato europeismo dei giovani si scontra con un'indagine Sky Data: solo poco più di un terzo tra 18 e 24 anni ha votato
Vedi anche:
Inglesi, fateci un regalo: uscite
Gli apprendisti stregoni dell'austerità 
Labour, addio alla truffa della Terza via 

La scusa del Brexit e il terrorismo con le previsioni
Brexit, crollo di zero-virgola 


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 Economia Riduci

 
Economist e Fortune:
salari troppo bassi

Il settimanale britannico osserva che la produttività è in calo da 40 anni in tutto il mondo e dopo aver scartato varie ipotesi si chiede "se il legame tra bassa produttività e bassi salari non funzioni in entrambi i sensi". La rivista Usa racconta di McDonald's che dopo aver concesso aumenti ha invertito il trend negativo delle vendite

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 Politica economica Riduci


Debito italiano
a rischio, anzi
il più sostenibile

Tre valutazioni della nostra situazione danno risultati diversi e per qualche aspetto opposti. Come mai? dipende dalle scelte metodologiche di chi stila queste classifiche, che non servono a prevedere ma a orientare e sono, a ben vedere, la continuazione della politica con altri mezzi

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 Scuola Riduci

Ti insegno
l'ignoranza

In un libro di testo di storia per la terza media ci sono in un solo paragrafo superficialità, falsità, errori e giudizi demenziali. Pare che sia molto diffuso, e non stupisce: lo pubblica Mondadori, il maggiore editore italiano, per cui l'autrice ne ha scritti altri 31. Se roba del genere può circolare nella scuola dell'obbligo, decisamente c'è un grosso problema

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 Finanza Riduci

L'Italia sull'orlo
dell'abisso

Le proposte tedesche si trasformano praticamente sempre in regole europee. Le due di cui ora si parla, che riguardano i titoli di Stato detenuti dalle banche, accelererebbero la nostra fine come paese avanzato. Renzi e Padoan sembrano averlo capito, ma la linea di resistenza che stiamo sostenendo non è detto che abbia successo

Vedi anche:
Adesso pagano per
prestarci i soldi


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 Stato sociale Riduci

Spesa sanitaria nei paesi Ocse
Lasciateci almeno
la salute

Il governo vuole tagliare 7 miliardi di spesa sanitaria entro il 2017: ma è già piuttosto bassa nei confronti Ocse e Ue e dal 2010 è scesa in termini reali, mentre aumentava nel resto del mondo. Se poi i criteri sono quelli delle recenti norme sulle analisi, stiamo freschi...
Vedi anche: Pensioni, le riforme che Boeri non propone

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 Europa Riduci

La convergenza dei parametri in Europa
La Germania,
Sansone e i Filistei

Secondo l'economista Daniel Gros l'egemonia tedesca sull'Europa sta per finire e questo porterà al lassismo e al blocco delle riforme strutturali, spingendo Berlino a uscire dall'euro. Lui si preoccupa per quella che potrebbe essere la soluzione di molti guai invece di interrogarsi sui crescenti problemi economici e sociali dell'Unione. Ma il problema vero è che probabilmente il gigante europeo trascinerà tutti nella stagnazione

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 Stato sociale Riduci

Cameron rottama
Bismarck,
pensione fai-da-te

Il leader inglese, dando la possibilità di riscuotere  in contanti a 55 anni i soldi accumulati per la pensione, rovescia definitivamente i principi che hanno ispirato la costruzione della previdenza pubblica fin dai tempi del cancelliere Bismarck. Ma la City sarà di certo soddisfatta

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 Lavoro Riduci

Costo del lavoro 2014
Lavoro e salari,
il già noto ignorato

Puntuali anche quest'anno i dati Eurostat ripetono che il nostro costo del lavoro è tra i più bassi dei paesi comparabili, nonostante che il cuneo fiscale sia tra i più alti. Se dunque dobbiamo essere più competitivi non ha senso insistere su quel fattore o sulle regole: la produttività si aumenta con gli investimenti. Intanto i dati Istat hanno sgonfiato i trionfalismi sull'occupazione

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 Stato sociale Riduci


Buoni-scuola,
tre motivi per dire no

Non solo la qualità delle scuole private è inferiore, non solo sottraendo altre risorse all'istruzione pubblica, dove già spendiamo meno di tutta Europa, la si condanna al degrado e a diventare un "servizio per poveri". Soprattutto, un incentivo alle scuole "identitarie" distruggerebbe il più potente strumento di integrazione per la nostra società ormai multiculturale e multireligiosa

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 Sul blog di Rep Riduci


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 Politica Riduci

La Grecia, le riforme
e il giallo della tabella

Pubblicata e poi scomparsa dal rapporto Ocse Going for growth una tabella da cui risulta che Atene ha fatto più riforme di tutti. Era “inopportuna” nella fase decisiva della trattiva europea? Un altro grafico mostra gli enormi tagli alla spesa greca e il diverso trattamento riservato alla Spagna, a conferma del carattere politico della linea imposta dai tedeschi

Vedi anche:
Bruxelles corregge
i "compiti a casa"


Aceto agli assetati

Grecia, l'invasione
di campo della Bce


L'altra ipotesi
dietro la mossa della Bce

La Versailles
della Grecia


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 Politica economica Riduci

Pil a picco,
fare più deficit
o morire

Non basta nemmeno il 3%: finché il saldo primario continua a sottrarre risorse a un’economia agonizzante la ripresa non arriverà mai. L’Italia va peggio di tutti in Europa: è vero, ma è anche quella che ha il maggiore surplus dei conti pubblici. Dovremmo ignorare gli stupidi parametri di Bruxelles e battere i pugni perché la Germania riduca il suo surplus della bilancia
Il dopo-manovra:
Def, litigare per niente

Finalmente l'Italia contesta (un po') la Ue


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 Politica economica Riduci

Jean-Claude Juncker
Italia grandi affari:
dà 8 miliardi
e ne riceve 2

A un anno dal suo annuncio il Piano Juncker, oltre alla pretesa di rilanciare la crescita con risorse irrisorie, è ancora lontano dal diventare operativo, anche se sono stati annunciati i primi finanziamenti: l’Italia, che contribuisce con 8 miliardi, ne avrà 2. E il resto non è sicuro

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 Sindacato Riduci

Bonanni, l'uomo
della divisione

Mia breve intervista a Rai News 24 sulla vicenda delle dimissioni, sul bilancio della sua leadership e sulla Cisl

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 Politica economica Riduci

Euro o no: non è questo il punto
Entrambe le posizioni hanno dalla loro argomenti forti. Ma tornare alla lira, anche ipotizzando che non provochi disastri, non risolverebbe nulla senza un cambiamento della politica economica, così come la moneta unica non sarebbe più un problema se l’Europa cambiasse linea. E’ allora quello l’obiettivo su cui concentrare gli sforzi

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 Politica economica Riduci

Pareggio di bilancio?
Siamo già in attivo

Invece di chiedere un rinvio dovremmo contestare un metodo di calcolo assurdo secondo cui scendendo sotto il 10,8% di disoccupazione si creerebbero tensioni sui salari e sull’inflazione. Secondo i calcoli del Cer se quel tasso fosse portato a un più ragionevole 6,5% (com’era all’inizio della crisi e senza tensioni sui prezzi) saremmo già in avanzo strutturale di un punto di Pil

Vedi gli sviluppi:
L'ultima speranza
contro la crisi infinita

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 Stato sociale Riduci


Il rischio del "welfare
per i poveri"

Sembra deciso che dal prossimo anno i ticket sanitari saranno proporzionati al reddito. Sembra una misura “di sinistra”, ma il rischio è che il nostro sistema di welfare si avvicini sempre più al modello anglosassone, che si occupa solo dei meno abbienti. Così chi non ne usufruisce finisce per percepirlo come un peso e aumentano le pressioni per ridurlo sempre più. Il punto d’arrivo è la privatizzazione quasi completa

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 Politica economica Riduci

Marco Buti
L’uomo di marmo
che ci dà
la pagella

Colloquio con Marco Buti, che guida la Direzione generale Affari economici della Commissione Ue che sta per rendere noto il nuovo giudizio sull’Italia. Nessun dubbio da parte sua sulla validità della metodologia con cui si esaminano i nostri conti pubblici, e per la disoccupazione una sola ricetta: riforma del mercato del lavoro

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 Politica economica Riduci

La sede della Bundesbank
Lo spread e i trucchi
della Bundesbank

I trattati europei vietano alle banche centrali di sottoscrivere titoli di Stato all’emissione. Eppure quella tedesca lo fa da anni (e l’ha fatto anche in quest’ultima asta) aggirando quella regola che pretende che tutti gli altri rispettino. Perché gli altri non fanno lo stesso e nemmeno glielo contestano?

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 Economia Riduci

Mauro Moretti e Matteo Renzi
Quanto vale
un bravo manager

L’ipotesi di limitare i superstipendi dei manager pubblici divide anche a sinistra. Ma ritenere che l’entità dello stipendio sia il fattore sempre e comunque determinante per selezionare i migliori è un’idea platealmente sballata. Ci sono molti altri fattori che influiscono sulle scelte personali

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 Lavoro Riduci


Il sindacato
e i frammenti
ricomposti

Unificare il mercato del lavoro, che mai come oggi è stato così segmentato in cento figure diverse, è un problema che il sindacato discute, ma finora senza uno sbocco definito. Una battaglia per una legge sul salario minimo potrebbe dargli una nuova immagine e favorire un contatto con tutte quelle figure che lo vedono ormai come parte dell’establishment, oltre a restituirgli un ruolo di soggetto politico generale


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 Politica Riduci

Quel Messaggero
da battaglia

C’è stato un periodo, negli anni ’70 e ’80, in cui il giornale romano visse una stagione battagliera e indipendente che coincise in buona parte con la direzione di Vittorio Emiliani, che in un libro di memorie racconta tutto, dalla vita di redazione ai retroscena politici di molti avvenimenti importanti

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 Lavoro Riduci

Manifestazione per il reddito garantito
Garantire il reddito?
No, il lavoro

Si continua a parlare di “reddito di cittadinanza” o “reddito minimo garantito”. Ma, come già diceva Paolo Sylos Labini più di 30 anni fa, non è all’assistenzialismo che bisogna puntare, ma ad assicurare un lavoro a tutti. Evitando gli errori di esperienze simili, come i nostri “lavori socialmente utili” o i “mini-job” tedeschi

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 Pic Riduci

Capitali esteri?
Sì, ma…

Vogliamo tantissimi investimenti diretti esteri. Però devono essere quote di minoranza, possibilmente in aziende in crisi e i nuovi arrivati non devono rompere le scatole ad azionisti e management.

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 Stato sociale Riduci

Una sede della JP Morgan
“Per uscire dalla crisi
stracciate
la Costituzione”

Un documento di JP Morgan, una delle maggiori banche d’affari del mondo, afferma che le Carte fondamentali dei paesi del Sud Europa “mostrano una forte influenza delle idee socialiste” e impediscono di prendere i provvedimenti necessari, come eliminare le tutele dei lavoratori e “la licenza di protestare”. Di loro sì che possiamo fidarci: senza i salvataggi pubblici sarebbero già falliti due o tre volte

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 Politica economica Riduci

Debito e crescita in quattro paesi
L'uovo del debito
e la gallina
della crescita
Una nuova smentita alla teoria di Reinhart e Rogoff, secondo cui un alto debito pubblico frena la crescita: è dopo la frenata che il debito sale, afferma David Rosnick esaminando proprio i dati usati dai due. Un altro colpo ai fanatici dell'austerità, che però se ne infischiano


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 Economia Riduci

Mi fletto ma 
produco meno
Nel 2009 scrissi un articolo sostenendo che l'eccessiva flessibilità del lavoro è dannosa sia per l'economia in generale che per le imprese. Scopro ora che in sedi autorevoli sono state sostenute tesi analoghe, almeno per quanto riguarda il rapporto tra flessinilità e produttività (vedi il post scriptum in fondo all'articolo)


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 Conti pubblici Riduci


Se fossimo europei 
nell'evasione

I dati Ocse ci collocano ai vertici di questa poco onorevole classifica. Se le tasse non pagate scendessero alla media fatta su cinque paesi (Germania, Francia, Regno Unito, Danimarca e Olanda) incasseremmo 80 miliardi in più e oltre a rispettare gli accordi imposti dall'Europa potremmo rilanciare l'economia


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 Politica economica Riduci

Olli Rehn e Manuel Barroso
La pandemia 
dell'austerità
La Commissione Ue dice di temere che gli squilibri dell'Italia possano contagiare il resto d'Europa, ma poi stila una lista di "malati" che ormai è più lunga di quella dei sani. Non le viene il dubbio che la politica europea sia sbagliata? Nella lista manca la Germania, ma dovrebbe esserci: invece viene graziata da una regola piuttosto singolare


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 Conti pubblici Riduci


Consulenze, uno spreco evitabile 
Le spese per gli incarichi ad esterni della pubblica amministrazione risultano di circa 3 miliardi, ma in realtà sono di più se si considerano alcune fattispecie non rilevate e le tante vertenze che ingolfano la Corte dei Conti. Le leggi per contenerle non hanno funzionato, consentono varie scappatoie. Eppure ci sarebbe un rimedio semplice


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 Politica economica Riduci

Debito/Pil con varie ipotesi di aumento della spesa pubblica
Chi più spende 
meno s'indebita

Tagliare la spesa pubblica per ridurre il debito è uno dei mantra più ripetuti del pensiero economico dominante. Ma sono sempre di più gli economisti che denunciano che è un'idea profondamente sbagliata e ora un esercizio econometrico del Fondo monetario mostra risultati stupefacenti


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 Economia Riduci

Giorgio Squinzi
Lo strabismo 
di Confindustria

Solo nelle ultime pagine "Italia 2015", il documento con le proposte per rilanciare la crescita, si occupa dell'organizzazione e del costo dei servizi. Eppure le tanto ricercate competitività e produttività dipendono per una parte importante da quello, come affermano studi Ocse e Bankitalia. Meglio prendersela con i lavoratori che con lobby potenti?


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 Politica monetaria Riduci

Ben Bernanke
Bernanke 
il rivoluzionario

La crisi che non passa sta incidendo profondamente anche sul ruolo delle banche centrali e sulle loro strategie e i dogmi degli ultimi trent'anni vengono rimessi in discussione. La Fed, in particolare, per la prima volta ha indicato un obiettivo numerico sulla disoccupazione. Solo in Europa innovazioni quasi a zero


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 Lavoro Riduci

Manifestazione di precari
Precari di Stato, 
una vergogna 
“all’italiana”
Nella pubblica amministrazione ci sono ben 260.000 dipendenti precari: uno scandalo per un comparto che fornisce servizi previsti dalle leggi e non è soggetto alle oscillazioni del mercato. Ma i precari sono serviti a tutti: ai politici per il clientelismo, ai dirigenti per aggirare i blocchi del turn over, ai sindacati che guidano le rivendicazioni alla stabilizzazione. Tanto il conto alla fine lo pagano sempre i più deboli, cioè loro


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 Politica economica Riduci


La Bce pensa 
ai salari invece 
che alla finanza
Il Bollettino afferma esplicitamente che i salari sono già scesi, ma non abbastanza, e solo questo può far ridurre la disoccupazione. La Banca centrale insiste dunque su una ricetta bocciata da un gran numero di autorevoli economisti e soprattutto dai fatti. Non sembra preoccuparsi, invece, delle riforme proprie dei suoi compiti, quelle per il controllo della finanza

Vedi anche: Bce, il lungo addio ai Tre del rating


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 Politica Riduci

Yoram Gutgeld
McKinsey
ministero ombra

Il commissario Cttarelli non è il solo ad essere a disagio: nelle questioni legate alla pubblica amministrazione si sta diffondendo in modo pervasivo la presenza della società di consulenza, da cui proviene il più ascoltato consigliere di Renzi, Yoram Gutgeld. A ciò ora si aggiunge la squadra di economisti di supporto a Palazzo Chigi, in prevalenza di orientamento liberista

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 Economia Riduci


Lo Stato non paga, 
non ispeziona 
e non riscuote
Secondo i dati dello stesso ministero dopo il 2007 il numero delle ispezioni nelle aziende è crollato e così i contributi recuperati, che del resto non superano mai il 20% dell’accertato. Così da un lato non si pagano i fornitori, dall’altro non si recupera l’evasione. Nelle aziende ispezionate i lavoratori irregolari sono in media il 40%


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 Economia Riduci


Competitività, 
le tasse 
fanno male?
Certo, se se ne pagano più degli altri bene non fanno. Ma da una classifica Ocse sulla tassazione delle imprese in rapporto al Pil non emerge una relazione chiara. Evidentemente altri fattori contano anche di più


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 Milestones


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 Politica Riduci

Trump e Sanders 
Usa, per il 90%
reddito fermo
da 40 anni

Il successo di candidati outsider rispetto ai partiti tradizionali, come Trump e Sanders, esprime la richiesta di cambiare la politica dominante fin dagli anni '80 che ha esasperato le disuguaglianze. In Europa accade la stessa cosa, con la progressiva scomparsa dei partiti che hanno abbandonato le idee socialdemocratiche e l'emergere di nuovi soggetti politici di vari orientamenti ma che comunque si dichiarano alternativi

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 Politica economica Riduci

La privatizzazione
degli incendi

Canadair ed elicotteri sono di sette aziende private, oggi indagate per aver fatto cartello e tenuto i prezzi alti. Ci sono molti buoni motivi perché i servizi pubblici essenziali siano gestiti direttamente dal settore pubblico, e soprattutto è falso, anche dal punto di vista teorico, che appaltandoli ai privati si risparmia

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