Un governatore meno “tedesco”
Ignazio Visco si schiera ufficialmente a favore di un fondo europeo a cui gli Stati conferiscano parte dei debiti pubblici e caldeggia vari provvedimenti finora ostacolati dai tedeschi. E’ questa la parte più interessante delle Considerazioni finali di quest’anno
(pubblicato su Repubblica.it il 31 maggio 2012)
E’ nelle ultime tre pagine delle Considerazioni finali che il nuovo governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, espone posizioni non scontate sulla politica economica, soprattutto europea. Le pagine peraltro sono 18 scarse, continuando così nell’impostazione di Mario Draghi che aveva ridotto di oltre un terzo la lunghezza dello scritto che rappresenta la sintesi del governatore di quanto analizzato nella ben più ponderosa Relazione annuale. E’ invece diverso il tono, rispetto alle due ultime Considerazioni di Draghi, scritte quando era in predicato per il posto di presidente della Bce: sono, quelle di quest’anno, decisamente meno “tedesche”.
Tutta la prima parte delle Considerazioni non è inutile, tutt’altro: ma ci si trovano più o meno le cose che ci si aspettava di trovarci.. All’inizio di pagina 15, invece, dopo aver osservato che l’ingresso nell’euro ci ha dato “prezzi stabili e tassi d’interesse bassi, due fondamentali precondizioni di sviluppo economico”, il governatore osserva che “ne abbiamo profittato poco”, e ne fa seguire un giudizio molto netto: “Inerzia politica, inosservanza delle regole e scelte economiche errate hanno favorito l’emergere di squilibri interni, a lungo offuscati dall’euro e ignorati dai mercati, che rischiano oggi di mettere a repentaglio l’intera costruzione”. Una denuncia decisa e anche un chiaro allarme, seguiti poco dopo dall’osservazione che “i processi decisionali, condizionati dal metodo intergovernativo e dal principio dell’unanimità, sono ancora lenti e farraginosi. Serve un cambio di passo”.
Tutta la parte che segue è una decisa presa di posizione a favore di una serie di provvedimenti di cui molto si è discusso e si discute, ma che sono al momento in gran parte bloccati, o comunque limitati nella loro operatività, a causa dell’opposizione tedesca. “Vanno resi più efficaci sul piano operativo gli strumenti di assistenza finanziaria agli Stati in difficoltà. Va prevista la possibilità di agire tempestivamente sui mercati dei titoli e di effettuare interventi diretti a favore degli intermediari, con procedure più flessibili, meno penalizzanti per i paesi beneficiari che rispettino le regole dell’Unione. Deve essere possibile utilizzare in modo incisivo le risorse, significative, già stanziate dagli Stati membri. E’ nell’interesse di tutti”.
Soprattutto, Visco si pronuncia in favore dell’istituzione, “da più parti proposta, di un fondo ove trasferire i debiti sovrani che eccedano una soglia uniforme, da redimere gradualmente in modi e tempi ben definiti”. E’ forse questa l’affermazione più importante del governatore. Da tempo e da parte di moltissimi economisti si è fatto notare che c’è un solo modo di risolvere il problema dell’attacco dei mercati ai debiti sovrani, che costringe proprio i paesi più in difficoltà a pagare interessi più alti (a volte stratosferici, come nel caso della Grecia, ma anche il Portogallo e l’Irlanda se la passano malissimo, seguiti a una certa distanza da Spagna e Italia) aggravando la loro situazione. Questo modo è di trasformare il debito dei singoli paesi o parte di esso in debito europeo, in modo che sia tutta l’Unione a garantire che quei debiti saranno onorati.
La varianti proposte sono ormai numerose. La prima ipotesi, quella di Stuart Holland e Yanis Varoufakis suggeriva che al fondo fosse conferita la parte di debiti eccedente il 60% di debito-Pil prevista dai parametri di Maastricht.; il fondo sarebbe stato poi preso in carico dalla Bce, che da una parte avrebbe essa stessa emesso bond a copertura (che, dato il suo merito di credito, sarebbe stati a basso interesse), e dall’altra avrebbe aperto ad ogni Stato un conto corrente per un valore corrispondente ai titoli conferiti. Gli Stati avrebbero dunque rimborsato la Bce, ovviamente a tassi molto bassi; e a garanzia di qualche possibile parziale default, sarebbe stata accesa un’assicurazione a copertura dell’impegno della Bce utilizzando le risorse del Fondo Salva-Stati, l’Efsf. Rainer Masera ha invece suggerito un meccanismo sostanzialmente simile, ma con l’Efsf nel ruolo che la proposta precedente assegna alla Bce, presso la quale il fondo avrebbe però potuto finanziarsi. La proposta a cui accenna Visco è un po’ diversa, il conferimento riguardarebbe la quota “che ecceda una soglia uniforme”, probabilmente sempre il 60%; ma la sostanza non cambia.
La Germania e i suoi paesi satelliti (Olanda, Finlandia, Austria) si è sempre fieramente opposta a questa soluzione. Si è affermato da parte tedesca che la messa in comune dei debiti avrebbe forse migliorato la posizione dei paesi più deboli, ma peggiorato quella dei “primi della classe”, che sarebbero divestati garanti anche dei debito altrui e avrebbero subito così un aumento dei tassi. Ma in realtà i meccanismi proposti sono congegnati in modo da evitare che questo accada. I motivi reali sono probabilmente altri: secondo alcuni la paura, caratteristica dei tedeschi, che tutto questo si traduca nel far stampare moneta alla Bce e precostituire così il rischio di un’impennata dell’inflazione; un rischio che però, nelle attuali condizioni dell’economia, appare davvero remoto. Oppure, come afferma Varoufakis, perché la Germania persegue la strategia dell’”affogamento fiscale”, ossia non vuole che le difficoltà dei paesi periferici diminuiscano perché ciò potrebbe frenare i dolorosi aggiustanenti delle loro economie. Che aggiustamenti di questo tipo possano causare una lunghissima depressione in Europa è cosa che evidentemente i tedeschi considerano secondaria.
Va dato atto a Visco di questo coraggioso schieramento, il primo da parte di un banchiere centrale. Così come gli va dato atto che, riconosciuti in più passaggi i meriti della Germania, la inviti però, pur senza nominarla esplicitamente, a fare la sua parte: “Sta ai paesi in difficoltà attuare quelle riforme che permettano di ricuperare competitività e ridurre gli squilibri accumulati, coi tempi e la gradualità appropriati, ma senza sconti di ambizione. Sta ai paesi più forti aiutare questo processo non ostacolando il riequilibrio, realizzando progressi strutturali che favoriscano la domanda”. C’è da sperare che il suo predecessore Draghi si decida a scendere in campo al suo fianco.