Dibattiti e falsi anatemi
Alla vigilia del congresso della Cgil nasce un caso per una nota del coordinatore della Consulta giuridica, che viene assurdamente presentata come un "anatema" contro alcune posizioni politiche. Il testo della nota
(Pubblicato su Eguaglianza & libertà il 26 feb 2006)
Fino alla settimana scorsa solo gli addetti ai lavori conoscevano Giovanni Naccari, improvvisamente salito agli onori delle cronache politiche. Bisogna innanzitutto dire che Naccari è un funzionario della CGIL che, da una trentina d'anni, coordina la Consulta giuridica della confederazione. All'interno della Consulta, dove si sono alternati nel tempo giuristi del lavoro importanti, da Giugni a D'Antona, Ghezzi, Romagnoli, Roccella, Veneziani e così via, Naccari è conosciuto e stimato come una persona discreta, attenta, cortese.
Come nasce il caso? Il Corriere della Sera riferisce che Naccari ha di scritto una "circolare" di "anatema" con l'intenzione di "mettere al bando" il prof. Pietro Ichino e altri intellettuali che hanno mosso critiche alla CGIL. A prima vista sembra di sognare.
Com'è noto, Ichino, che oltre a essere docente di diritto del lavoro è un editorialista di punta del Corriere, è solito esprimere, peraltro del tutto legittimamente, posizioni molto critiche nei confronti della CGIL, considerata un'organizzazione conservatrice, legata ai miti del passato. Nella Cgil, a cui dichiara di essere iscritto, Ichino ha anche amici, soprattutto a Milano, dove in passato è stato responsabile dell'Ufficio vertenze della Camera del Lavoro e poi deputato del Partito comunista. Ma le sue posizioni, come ci si può attendere, incontrano anche forti dissensi e critiche in vasti settori della CGIL.
Nei suoi articoli più recenti Ichino sostiene, criticando il conservatorismo della CGIL, la necessità di cambiare il modello contrattuale, nella pratica abolendo o sterilizzando il contratto nazionale. La tesi incontra obiezioni variamente motivate. Eugenio Scalfari in un editoriale su Repubblica critica duramente le tesi di Ichino, sostenendo che l'esito inevitabile sarebbe la destrutturazione dell'assetto contrattuale con un ulteriore indebolimento del sindacato, come dimostra l'esperienza internazionale, e con il peggioramento delle condizioni delle fasce più deboli di lavoratori.
Naturalmente, Ichino difende le sue tesi, sostenendo la mancanza di idee della CGIL e della sinistra che, a suo parere, attacca senza ragione la cosiddetta "legge Biagi". Gli risponde a questo punto con un articolo sul Manifesto Piergiovanni Alleva, professore di diritto del lavoro e veterano della Consulta giuridica della CGIL. L'articolo ("La 'legge Biagi' e le alternative possibili", che si può leggere qui) riflette una critica severa e argomentata delle tesi di Ichino, considerate prive di fondamento.
E' a questo punto che entra in scena Giovanni Naccari. Com'è consuetudine, invia l'articolo all'indirizzario interno all'organizzazione, accompagnandolo con una nota (leggere qui) che, coerentemente con l'articolo di Alleva, pone l'accento su quello che a suo parere sta diventando un vero e proprio attacco alle posizioni della CGIL alla vigilia del congresso nazionale. Naccari, pur senza citare Ichino, sollecita l'apertura di un dibattito.
Ci si potrebbe aspettare a questo punto una risposta più o meno critica all'articolo di Alleva. Ma invece di rispondere ad Alleva, parte un attacco forsennato contro Naccari. Il Corriere definisce la nota una "circolare" che "mette al bando" gli intellettuali critici nei confronti della CGIL. Il Giornale, in modo mascalzonesco, rievoca la tragica vicenda di Marco Biagi, collegandone l'assassinio alle critiche della CGIL.
Ciò che segue è noto. Il Corriere alimenta il caso in prima pagina. La CGIL si scusa con Ichino, che benevolmente considera "eccessive" le scuse. Qualche dirigente della CGIL si spinge a chiedere sanzioni disciplinari nei confronti di Naccari. Altri dirigenti lo difendono. Il caso è montato. Piero Ostellino scrive sul Corriere (25 febbraio) che il miglior modo per finirla con la pratica della contrattazione nazionale è affrontare la questione alla radice "sciogliendo" la Confindustria e le confederazioni sindacali. Quanto alla polemica fra Ichino e Scalfari, secondo Ostellino, è "evidente che il riformista neo-liberale è Ichino e il conservatore tardo-corporativo è Scalfari".
Il dibattito investe le radici e le funzioni del sindacato. Ed è, da questo punto di vista, il benvenuto. Ma che il dibattito parta da una campagna forsennata quanto strumentale nei confronti di Naccari, di cui si arriva a chieder le dimissioni, sarebbe grottesco, se non fosse anche il segno dei tempi piuttosto tristi, incerti e confusi della politica italiana.