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 Lavoro Riduci

Quando le mondine
piegarono gli agrari

All’avanguardia nella conquista delle otto ore di lavoro furono le mondariso di Vercelli, che non temevano nemmeno di affrontare la Regia Cavalleria, e vinsero la loro battaglia il 1° giugno 1906. Un romanzo storico di Sergio Negri racconta quel periodo e quella lotta

(pubblicato su Repubblica.it il 18 nov 2019)

Son la mondina, son la sfruttata
son la proletaria che giammai tremò

Ci voleva il figlio di una mondina per raccontare l’epopea di una lotta per una delle conquiste fondamentali dei lavoratori, l’orario di otto ore. E ci voleva lui perché proprio le mondariso del vercellese furono l’avanguardia di quella conquista, immaginata mezzo secolo prima nientemeno che da un gruppo di deputati australiani: era il 1855 quando lanciarono la formula “otto ore per dormire, otto ore per lavorare, otto ore di svago”, poi adottata da congresso della Prima internazionale a Ginevra nel 1866.

Le mondariso, invece, lavoravano ben più a lungo, con la sveglia alle quattro del mattino e fino a quattordici, sedici ore, sempre curve, le gambe nell’acqua della risaia, tormentate dal caldo e dalle zanzare, con bisce, rane e topi che passavano tra le loro gambe, con frequenti casi di malaria, che colpiva facilmente a causa della denutrizione. Un lavoro durissimo con salari da fame.

Sergio Negri per farci rivivere queste vicende ha scelto la forma del romanzo storico. L’io narrante è un giovane che diventerà avvocato e lavorerà nello studio di Modesto Cugnolio, questi un personaggio realmente esistito, che fu anche deputato – naturalmente socialista – dal 1913 al 19, detto “l’avvocato dei contadini”. La storia d’amore del giovane con la fiera mondina Rosa Maria fa da cornice agli avvenimenti di quei primi anni del ‘900 e in particolare a quanto accadde nel 1906, anno in cui, in seguito alle dure lotte delle mondariso, il 1° giugno fu finalmente raggiunta la vittoria storica: ottennero l’orario di otto ore e anche un piccolo aumento dei miseri salari.

Quella vittoria fu allora circoscritta alla zona di Vercelli, ma non per questo fu meno miracolosa, specie perché ottenuta da donne (in un’epoca non certo favorevole alla parità di genere), il cui lavoro nelle risaie, per giunta, era circoscritto a un paio di mesi l’anno. Però, come ci racconta Negri, quelle donne ebbero la solidarietà di tutti gli altri lavoratori, sia i contadini che quelli delle fabbriche, e persino i bottegai di Vercelli abbassavano le saracinesche quando c’erano gli scioperi e le manifestazioni. La diga era rotta, e in seguito le otto ore furono estese a tutto il lavoro agricolo.

Non fu certo facile. Le manifestazioni venivano spesso attaccate dalla Regia Cavalleria – nonostante che Giovanni Giolitti, all’epoca ministro dell’Interno, avesse stabilito una politica di neutralità fra lavoratori e datori –  che procedeva ad arresti a caso. I processi che seguivano si concludevano con condanne a molti mesi di prigione. Il reato contestato era quello di “attentato alla libertà del lavoro”, definizione degna della “neolingua” orwelliana. Negri riprende anche alcune cronache della stampa di allora, tanto quella socialista che quella boghese.

Non manca un altro fatto che si ripete in tutte le epoche: l’asservimento della “scienza” al potere. Nel libro si dà conto di un medico italiano, insignito del premio Nobel, che parlando in un congresso di proprietari terrieri affermò che “la risaia non era un luogo insalubre e che non poteva essere causa di alcuna malattia”. Non se ne fa il nome, ma non può trattarsi che di Camillo Golgi, primo Nobel italiano (fu designato poche settimane prima di Giosuè Carducci), anch’egli impegnato in politica ma in campo conservatore e clericale.

Il romanzo di Negri arriva in un periodo buio per la condizione dei lavoratori, che vedono erose le conquiste del secolo scorso. Ma la risposta che danno non sembra adeguata alla sfida: è stato appena diffuso uno studio dell’Ocse che registra un dimezzamento degli iscritti ai sindacati nella media dei paesi aderenti all’organizzazione. L’Italia, pur avendo tenuto meglio di molti altri, vede comunque un calo degli iscritti dal 48% del 1975 al 34, 4 del 2018. L’Ocse nota poi che la sindacalizzazione è particolarmente bassa tra i giovani e che per i lavoratori atipici si dimezza la probabilità di adesione. Chissà se leggere della lotta delle mondine, vittoriosa anche perché sostenuta anche dagli altri lavoratori, potrà contribuire a far riflettere tanto chi lavora che chi guida i sindacati in questa difficile fase storica.

Sergio Negri, Se 8 ore – Edizioni Effedì – pp. 166 - € 12

Qui un articolo su Modesto Cugnolio


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