Medice, cura te ipsum
Le prime parole di un Papa sono spesso indicative del programma del suo pontificato. Così è stato per Wojtyla "il conquistatore" e per Ratzinger "il filosofo". L'esordio di Bergoglio farebbe pensare a un programma che mette al primo posto la riforma della Chiesa, puntando sulla sobrietà (la scelta del nome) ma soprattutto - forse - rivoluzionandone il governo
(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 15 mar 2013)
Le prime parole di un Papa dopo l'elezione possono essere indicative della cifra che avrà il suo pontificato. E' stato così per Wojtyla, e in certo modo anche per Ratzinger. Che cosa si può immaginare da quelle di Bergoglio?
L'esordio di Wojtyla è certo memorabile. Quel "Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo" conteneva già tutta la filosofia secondo la quale il cardinale polacco avrebbe guidato la Chiesa cattolica. C'era l'intima convinzione della superiorità dell'uomo di fede rispetto agli altri, la concezione che una vita senza la fede in Dio è qualcosa di incompleto, e se si rifiuta quella prospettiva non può che essere per una qualche manchevolezza, per un difetto dello spirito (in modo figurato, la "paura".) La Chiesa possiede la Verità, chi non lo riconosce irrimediabilmente sbaglia. Di qui, tra l'altro, i "valori non negoziabili": due più due fa quattro, non si può negoziare sul risultato. Un Papa "conquistatore", che voleva porre la Chiesa prepotentemente come assoluta autorità morale del mondo.
Le prime parole di Ratzinger non sono state altrettanto memorabili, e dunque anche queste corrispondono al suo pontificato. Che sarà ricordato per quell'unico atto finale, le dimissioni, che hanno di colpo conferito una statura di rilievo al teologo tedesco dopo otto anni in cui il grigiore era stato scosso solo da scandali e lotte intestine. Per il resto, si è mosso nella stessa logica del suo predecessore, con l'unica differenza che ciò che Wojtyla proclamava in modo carismatico egli lo ha sostenuto da un punto di vista culturale. E dunque la condanna del relativismo, il vero nemico della religione, e l'affermazione che la ragione non può non basarsi sulla fede. Il nocciolo è appunto lo stesso: non c'è Verità al di fuori della Chiesa e anche chi non vi appartiene deve riconoscerne la superiorità. Un "filosofo" che ha cercato di sostituire al carisma, di cui era privo, l'uso della ragione (la "sua" ragione, naturalmente).
Se dunque il pontificato dei due predecessori ha corrisposto al modo in cui si sono presentati all'inizio, si può tentare qualche deduzione dalla prima apparizione di Bergoglio. L'aspetto di maggior rilievo appare quello di essersi presentato come "il vescovo di Roma", senza mai pronunciare la parola "Papa", senza alcun cenno al primato di Pietro. Che certo non è in discussione, ma che può essere declinato in modi diversi. Potrebbe significare che accoglie la richiesta, da tempo avanzata da vescovi e teologi, di un ritorno alla collegialità nella guida della Chiesa, che sarebbe una svolta non da poco. Che la Curia dei corvi debba essere dispersa è fin troppo ovvio, ma questo sarebbe un passo in più e per la Chiesa un fatto quasi rivoluzionario.
Il nome scelto, Francesco, corrisponde al suo stile di vita estremamente sobrio, cosa su cui concordano tutte le fonti, anche quelle più critiche nei suoi confronti perché gli attribuiscono una correità con il feroce regime di Videla. Su questo punto circolano versioni assai diverse e al momento è difficile capire quale sia la più vicina al vero. Un giudizio equilibrato sembra quello di Gennaro Carotenuto, studioso dell'America Latina, secondo cui una decisa condanna sarebbe troppo e un'assoluzione troppo poco. Qui il suo articolo, che vale la pena di leggere. Accettiamo per il momento questa impostazione, anche perché al momento ci interessa di più il futuro. Una delle cose che sarà interessante vedere è se quel nome resterà solo testimonianza personale oppure costituisce un vero programma di cambiamento per la Chiesa dello sfarzo e soprattutto dello Ior.
Altra cosa che ha colpito, lo spazio dato alla preghiera. Registriamo il fatto senza tentarne interpretazioni o proiezioni, anche perché questo è tra gli aspetti più difficili da capire per chi appartiene ad altri ambiti culturali.
Fin qui ciò che si poteva ricavare dalla prima apparizione pubblica, che ben poco invece ci ha fatto intuire sull'aspetto che più interessa a chi non è religioso, ossia come Bergoglio guiderà il rapporto della Chiesa con il resto del mondo, sia dal punto di vista culturale che politico. Qui dobbiamo affidarci a quello che finora si è letto su di lui, comportamenti che non necessariamente riprodurrà da Papa. Sappiamo che culturalmente non è molto diverso dai suoi due predecessori (fu Wojtyla a nominarlo cardinale). Vorrà imporre anche lui a tutto il mondo la "superiorità della fede"? Oppure, pur essendone di certo intimamente convinto, si comporterà con maggiore rispetto, almeno formale, verso chi non fa parte della Chiesa?
Ciò che si sa è che è fortemente contrario, per esempio, al fatto che le unioni gay siano definite "matrimonio", ma non è invece ostile al riconoscimento dei diritti degli omosessuali. E' un deciso sostenitore dell'insegnamento della religione nella scuola. Ci sono molte testimonianze sulla sua grande attenzione ai poveri, ma ciò non si traduce affatto in una visione politica "di sinistra". E' noto che entrò in rotta con la Compagnia di Gesù, alla quale appartiene, quando questa si era avvicinata alla teologia della liberazione. Ai tempi di Menem, secondo una testimonianza di cui però non sappiamo valutare l'attendibilità, sarebbe stato tra i principali promotori di una linea economica ultraliberista; altri invece affermano che ha attaccato sia Menem che Duhalde per le disuguaglianze che crescevano nel paese ed è intervenuto per la tutela del lavoro e per la dignità dei lavoratori e dei poveri, e contro le economie speculative. Inoltre, una nostra fonte diretta dall'Argentina afferma che "è visto come il prete delle villas (le favelas argentine) e da cardinale andava a passare i pomeriggi con i poveri, mangiando e bevendo mate con loro". Fatto ancora più rilevante, ha definito "ipocriti" alcuni preti che non hanno voluto battezzare figli di matrimoni non ufficiali "e li ha battezzati lui stesso, affermando che la Chiesa deve andare incontro alla gente e che è vergognoso per la Chiesa che una madre debba andare a elemosinare il battesimo dei figli". Notizie, dunque, al momento frammentarie che non permettono di disegnare con certezza il profilo del nuovo pontefice.
Si dice che abbia scarsissima stima per i politici in generale, ma di questo poco ci interessa: ciò che conterà sarà il suo modo di impostare i rapporti Chiesa-Stato, e anche questo sarà da verificare nei fatti. Poco conta che egli personalmente sia più o meno attento alle vicende del paese che lo ospita: abbiamo visto che se non è il Papa ad intervenire, lo fanno - con mano che può essere assai pesante - il Segretario di Stato o il capo del vescovi italiani. Ma il Papa può certamente dare la linea in proposito, lasciando le briglie sciolte o imponendo maggiore discrezione.
Comunque, quello per cui potrebbe caratterizzarsi il suo pontificato potrebbe essere una concentrazione dell'attenzione sul funzionamento e il rinnovamento della Chiesa, che sembra peraltro averne un gran bisogno. Dopo il Wojtyla Papa "conquistatore" e il Ratzinger prosecutore e teologo, la missione di questo Papa sarà forse prima di tutto rivolta all'interno. E d'altronde l'invito "medice, cura te ipsum" è nel Vangelo di Luca (4, 23). Se così fosse, il resto del mondo non se ne dispiacerebbe.