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 Politica Riduci

Pd, per schivare la buca
vola nel burrone

La proposta sull’incompatibilità non può che essere valutata per le conseguenze che produrrebbe: l’ennesimo salvataggio di Berlusconi. Un solo compromesso potrebbe essere accettabile: il rinvio del voto in Giunta delle elezioni a dopo la pronuncia della Cassazione

 

(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 15 lug 2013)

Alla vigilia del voto sull’ineleggibilità di Berlusconi alla Giunta per le elezioni del Senato spunta fuori dal cappello del Pd un disegno di legge per sostituire l’ineleggibilità con l’incompatibilità. Di norma non si dovrebbe fare il processo alle intenzioni, ma qui invece non si può evitarlo. E, a differenza che nei processi veri, in questo caso non vale la presunzione di innocenza fino a colpevolezza provata: non siamo in ambito giuridico, ma politico, e in politica ogni atto ha le sue conseguenze e in base a quelle dev’essere valutato.

Il voto sull’ineleggibilità mette il Pd in grandissimo imbarazzo. Il partito è spaccato, vari esponenti si sono pronunciati in maniera opposta. Soprattutto, un voto favorevole metterebbe in grave pericolo il governo Letta, con conseguenze difficili da prevedere; un voto contrario accrediterebbe l’accusa di Beppe Grillo che il Pd voglia salvare ancora una volta Berlusconi.

Ricapitoliamo in breve l’antefatto, anche se per molti ormai è noto. Una legge del 1957 – che quindi non può certo essere accusata di anti-berlusconismo – stabilisce che sono ineleggibili i titolari di concessioni pubbliche economicamente rilevanti. E non se n’era accorto nessuno? Sì, fin dal 1994, l’anno del primo trionfo di Berlusconi in politica. Se ne accorse Vittorio Cimiotti, che presentò un ricorso sottoscritto anche da Antonio Giolitti, Alessandro Galante Garrone, Paolo Sylos Labini, Vito Laterza, Aldo Visalberghi, Alessandro Pizzorusso, vale a dire personaggi che rappresentavano il meglio dell’intellettualità e dell’integrità morale. Ma la legge non fu applicata, fu “interpretata”. Le concessioni, si disse, sono in capo a Mediaset, e dunque l’ineleggibile è il suo rappresentante legale Fedele Confalonieri e non Berlusconi, “mero proprietario”.

Una foglia di fico da azzeccagarbugli, che però resiste ancor oggi. Quando qualche mese fa Paolo Flores D’Arcais rilanciò su Micromega questa iniziativa, con una raccolta di firme che ha raggiunto circa 250.000 adesioni, il neo senatore Pd Massimo Mucchetti scrisse alla rivista dicendo che, pur essendo d’accordo sulla sostanza, non avrebbe firmato perché riteneva che la legge del ’57 si prestasse ad equivoci, e si apprestava a proporre una formulazione più chiara. Proprio Mucchetti, infatti, è il primo firmatario dell’attuale disegno di legge del Pd sull’incompatibilità, che dovrebbe “superare” la legge del ’57, e che è stato sottoscritto anche dal presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, dandogli così il crisma di iniziativa ufficiale del partito.

Conseguenze? La prima: il Pd pensa così di poter votare “no” all’ineleggibilità nella Giunta per le elezioni, motivandolo con il fatto che avremo finalmente una legge migliore e più precisa. La seconda: se le cose andassero così, e se anche la proposta Mucchetti-Zanda diventasse legge a passo di carica – cosa di cui è più che lecito dubitare – Berlusconi avrebbe un anno di tempo, solo alla fine del quale dovrebbe lasciare il Parlamento se non avesse nel frattempo venduto la sua azienda.  Questa seconda conseguenza rende la prima o un miserabile espediente oppure una ulteriore prova che gli dei quando vogliono perdere qualcuno gli tolgono il senno: ma davvero il Pd è convinto che quella motivazione sarebbe ritenuta valida dalla grande maggioranza dei suoi elettori?

In entrambi i casi, l’esito è uno solo: una ennesima ciambella di salvataggio al leader della destra. Una ciambella che sarebbe oltretutto inutile se fra due settimane la Cassazione confermasse il giudizio di secondo grado che ha tra l’altro condannato Berlusconi all’interdizione dai pubblici uffici, che comporta la decadenza da senatore.

Una decadenza, attenzione, che non è automatica, ma deve essere votata prima dalla Giunta per le elezioni e poi dalla Camera di appartenenza. Nel caso di Previti ci misero 14 mesi (quattordici). Che cosa ci dobbiamo aspettare? Questo senza neanche prendere in considerazione l’altra possibilità, cioè che i voti boccino la decadenza. Non è mai successo e sarebbe impossibile senza il concorso del Pd. Ma questo Pd ci sta abituando a non escludere neanche l’impensabile.

Per esempio, il fatto di non considerare irricevibile l’assurdità ripetuta fino alla nausea dai corifei berslusconiani, e cioè che togliere Berlusconi dalla scena politica significherebbe negare la rappresentanza ai dieci milioni di italiani che l’hanno votato. In realtà sono meno, ma non stiamo a sottilizzare e diamoli per buoni. Primo, l’essere stati votati non mette al di fuori e al di sopra della legge; secondo, la rappresentanza a quei cittadini è garantita dai circa 450 tra deputati e senatori del Pdl e dei suoi alleati. Un’altra assurdità è continuare ad affermare, come molto del Pd fanno, che Berlusconi deve essere battuto politicamente e non per via giudiziaria. Un’affermazione del genere indica o malafede o confusione mentale. Non sarebbe un altro partito politico ad “eliminare” Berlusconi per via giudiziaria: sarebbero i reati commessi che la magistratura, se lo riconosce colpevole, ha l’obbligo di sanzionare.

Se si dicono queste cose, però, spuntano subito fuori quelli del “ma-non-vi-rendete-conto-di-quello-che-può-succedere”: il governo, la crisi economica, i mercati… Ora, i “mercati” hanno mostrato più volte di comportarsi in maniera insensata. Ma persino loro non possono essere tanto stupidi da non vedere che siamo un paese che si fa ricattare da un pregiudicato che usa il suo potere politico solo per perseguire i suoi fini, senza la minima preoccupazione di quello che ciò possa comportare per i problemi dell’Italia. E di certo non sarebbero costernati se questo irresponsabile fosse finalmente messo in condizione di non nuocere ulteriormente.

I firmatari del disegno di legge sull’incompatibilità, da Mucchetti a Walter Tocci, protestano che l’interpretazione del salvataggio di Berlusconi è tendenziosa, e che questa proposta guarda al futuro e non influenza in nessun modo la situazione attuale. Bene: se è così, il Pd si pronunci ufficialmente per l’ineleggibilità, e i suoi esponenti in Giunta delle elezioni votino di conseguenza, mettendo così fine a una illegalità che dura da quasi vent’anni. Dopo ci sarà tutto il tempo di approvare la nuova legge e, si spera, anche un’altra che affidi alla Corte Costituzionale la valutazione sull’eleggibilità dei parlamentari, in modo da sottrarre la decisione a logiche politiche che hanno più volte dimostrato di fare a pugni con il diritto.

A questo punto il Pd potrebbe puntare a un solo compromesso accettabile: rinviare il voto sull’ineleggibilità a dopo la pronuncia della Cassazione. Se questa confermerà la sentenza sui diritti Mediaset, non ci saranno più scuse: Berlusconi dovrà essere dichiarato decaduto dal Parlamento in tempi fulminei, cosa su cui nessuno potrà avere nulla da obiettare. Se invece non fosse la Cassazione a togliere le castagne dal fuoco, dovrà prendersi finalmente una responsabilità politica: quella di ripristinare la legalità calpestata, votando per l’ineleggibilità e liberando il paese dal suo problema principale.


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