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 Lavoro Riduci

Migliorie di seconda mano
I miglioramenti contenuti nel “pacchetto lavoro” sbandierati dal governo vanno benissimo, a parte un piccolo dettaglio. Sia il reintegro per i licenziamenti discriminatori e che la stabilizzazione dei contratti a termine dopo 36 mesi c’erano già

(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 21 marzo 2012)
 
“Però c’è anche qualcosa di buono”. Così dicono, riguardo al “pacchetto lavoro” che il governo Monti si appresta a portare in Parlamento, coloro che sostengono che comunque quelle norme vanno approvate, per i “superiori interessi della Patria”.
 
Qualcosa di buono ci sarà pure, ma qualcuna di quelle che il governo ha annunciato è di seconda mano, nel senso che c’era già. Per esempio l’estensione dell’obbligo di reintegro dopo un licenziamento giudicato discriminatorio anche alle aziende con meno di 15 dipendenti, dove non si applica lo Statuto dei lavoratori.
 
Recita infatti l’art. 3 della legge n. 108 del 1990: “Art. 3 - Licenziamento discriminatorio - Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie (...) è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge. Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti”.
 
Quella legge fu varata per evitare il referendum che mirava ad estendere lo Statuto dei lavoratori anche alle aziende minori, e la Corte Costituzionale giudicò le modifiche sufficienti a realizzare gli scopi che si proponevano i promotori del referendum, che infatti non si fece.
 
Quanto all’assunzione automatica dopo 36 mesi di contratti a termine, se n’era già occupato il decreto legislativo n. 368 del 2001, che attuava una direttiva comunitaria. Vediamo che cosa diceva:
Art. 4 - Disciplina della proroga - Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni”.
Art. 5 - Scadenza del termine e sanzioni - Successione dei contratti -
1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.
2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto”.
 
Si sa che poi molti datori di lavoro (se non tutti) mettono in atto vari espedienti per prolungare comunque – e molto – i tre anni, espedienti a cui raramente il lavoratore si ribella (una volta si chiamava il “contraente più debole”, ma anche questo concetto dev’essere poco europeo). Una vertenza infatti guasterebbe i rapporti con il datore di lavoro: frutterebbe un indennizzo, ma farebbe tramontare il miraggio del posto stabile. Se nel “pacchetto” del governo c’è qualcosa per stroncare in modo definitivo questi espedienti, allora è qualcosa di nuovo. Altrimenti, grazie, ce l’avevamo già.

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