Pannella, radicale
nel bene e nel male
Liberista in economia e fautore dello Stato minimo, pronto ad allearsi anche con Berlusconi pur di realizzare i suoi progetti, ha avuto il grande merito di imporre le lotte per i diritti civili che la sinistra ignorava. Una personalità d'eccezione tra battaglie sacrosante e altre discutibili
(pubblicato su Repubblica.it il 21 mag 2016)
Che Marco Pannella sia stato un personaggio più che notevole nessuno lo può mettere in dubbio. Sul modello di società per cui ha combattuto, invece, di dubbi ce ne sono tanti, se vogliamo usare un eufemismo. Una società anarco-libertaria, che però non prendeva in considerazione un aspetto che non è esattamente un dettaglio: l'anarchia, in certi ambiti, è ciò che permette il prevalere del più forte. Proprio ieri sera un amico ricordava una massima del costituzionalista Carlo Lavagna (di cui, tra gli altri, fu allievo Giuliano Amato): "Libertà e uguaglianza sono come su due piatti di una bilancia, spostando il peso sull'una si riduce l'altra. La politica è cercare il miglior equilibrio possibile tra le due". Ecco, Pannella la ricerca di questo equilibrio la ignorava: tutto il suo peso lo metteva sul piatto della libertà.
Nella società i rapporti tra chi è in posizione di forza e chi di svantaggio possono essere almeno in parte bilanciati se i secondi si associano, agiscono insieme: per questo sono nati sindacati e partiti, strutture verso cui Pannella nutriva una profonda insofferenza. L'intervento pubblico, poi, è il contrappeso a un eccessivo potere del mercato e anche ai suoi fallimenti: e Pannella, da liberale estremista, voleva ridurre il ruolo del pubblico al minimo possibile. Basta ricordare i 21 referendum lanciati nel '99-2000. C'era quello per aprire ai privati l'assicurazione sugli infortuni (che avrebbe generato un caso da manuale di "selezione avversa": i privati avrebbero assicurato solo chi fa lavori non rischiosi, garantendosi così dei guadagni, mentre i settori più costosi sarebbero stati lasciati al pubblico); per avere la possibilità di uscire dal servizio sanitario nazionale (che se non è universale tende a rendere residuale il servizio pubblico), vari quesiti sul lavoro - ormai in gran parte realizzati in seguito alla marcia dietro il vessillo della "flessibilità" - dall'eliminazione dell'articolo 18 alla liberalizzazione del lavoro a termine e a domicilio; e così via. Per chi non lo ricordasse, dei 21 referendum ne furono approvati sette, nessuno dei quali raggiunse il quorum.
Fu tra i precursori e tra i più geniali interpreti della politica-spettacolo, al servizio, nel suo caso, non della demagogia, ma delle idee che voleva imporre all'attenzione. E di molte di quelle idee c'era davvero un gran bisogno, nell'Italia stretta fra un clericalismo bigotto che ancora oggi non allenta la presa e un'opposizione di sinistra concentrata sull'emancipazione sociale ma a cui erano estranee le problematiche dei diritti civili. Un fronte che andava assolutamente aperto: ai tempi del divorzio e dell'aborto i radicali ebbero per un paio di volte anche il mio voto.
La mossa dei radicali più difficile da digerire, per chi fosse di orientamento progressista, fu il loro ingresso nelle liste di Berlusconi. Più che dei radicali, la mossa di Pannella: la linea e le scelte del partito-non-partito hanno sempre coinciso con quello che il leader carismatico decideva. E Pannella ha sempre avuto la forma mentis dell'one issue party, cioè che tutto va messo al servizio dell'obiettivo principale del momento. Il resto non importa, non è mai importato: alleanza anche con Belzebù, se si ritiene utile per lo scopo del momento. Poi Belzebù, a cui comunque si è data una mano, fa magari tutta un'altra serie di cose non commendevoli, ma non importa.
Fra le sue tante battaglie non si possono davvero dimenticare quella sull'obiezione di coscienza alla leva, quella per la liberalizzazione delle droghe leggere, soprattutto quella sulle condizioni nelle carceri, condotta senza sosta da tanti e tanti anni. E poi i diritti degli omosessuali, la campagna contro lo "sterminio per fame", il diritto a decidere sul fine-vita, le battaglie sulla giustizia e sulla "partitocrazia". Su molte cose è stato interprete dei tempi, altre sono rimaste visioni senza sviluppi effettivi. Ha sempre avuto la pretesa di far girare il mondo secondo le sue idee, e più di una volta gli è anche riuscito: le volte che non è andata così si dividono abbastanza equamente tra "peccato" e "meglio così", ma merita comunque grande apprezzamento la sua capacità di suscitare dibattito su temi importanti quanto trascurati.
Questo profeta laico, individualista fino al solipsismo, con un ego smisurato, non pensava di doversi alleare con qualcuno (anche se, come abbiamo visto, lo faceva, ma solo a fini pratici): riteneva piuttosto che tutti dovessero convincersi delle sue ragioni. Altra sua caratteristica, una coerenza adamantina: chi lo ha conosciuto ventenne giura che da ottantenne era perfettamente uguale ad allora. Quando scompare un personaggio eccezionale tutti fanno a gara per farne un santino. Con Pannella non sarebbe proprio il caso. Ma certo la sua vita merita rispetto e ha guadagnato un posto tra i grandi della politica.