Pio XII più laico di Berlusconi
In un discorso ai medici cattolici del 1957 escludeva che in casi come quello di Eluana si possa parlare di eutanasia e ribadiva il diritto del malato o dei familiari di rifiutare cure non ordinarie. Quanto al momento della morte, "la risposta non può derivare da alcun principio religioso e morale e, per tale aspetto, essa non cade sotto la competenza della Chiesa"
(9 feb 2009)
“Se il tentativo di rianimazione costituisce per la famiglia un onere, che, in coscienza, non si può ad essa imporre, questa può lecitamente insistere perché il medico interrompa i suoi tentativi, ed il medico può lecitamente acconsentire. In tal caso non c’è alcuna disposizione diretta della vita del paziente, e neppure eutanasia, che non sarebbe mai lecita; anche quando provoca la cessazione della circolazione sanguigna, l’interruzione di tentativi di rianimazione è soltanto indirettamente causa della cessazione della vita, e in tal caso bisogna applicare il principio del duplice effetto e del “volontarium in causa”.”
L’autore di queste parole, che oggi appaiono sorprendentemente laiche, è uno dei predecessori di Benedetto XVI al soglio di Pietro, certamente non noto per essere un pontefice particolarmente progressista: si tratta di Pio XII, che le pronunciò in un discorso del 1957. Furono poi pubblicate due anni dopo a cura di monsignor Fiorenzo Angelini, consulente ecclesiastico nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani sotto il titolo “Pio XII – Discorsi ai medici” – Edizioni Orizzonte medico, che ebbe numerose ristampe. Vediamo qualche altro brano.
“I diritti e i doveri della famiglia dipendono in generale dalla volontà presunta dell’infermo incosciente, se egli è maggiorenne e “sui juris”. Quanto al dovere proprio e indipendente dlla famiglia, esso non obbliga, abitualmente, che all’impiego dei mezzi ordinari”.
“Il paziente – se è capace di decisione personale – potrebbe usarla (la rianimazione) lecitamente e quindi darne al medico l’autorizzazione. D’altra parte, siccome queste forme di cura superano i mezzi ordinari, che si è obbligati ad usare, non si può sostenere che sia obbligatorio ricorrere a tali forme e quindi autorizzare il medico ad applicarle.”
Inoltre a pag. 617, in risposta alla domanda su quando la Chiesa cattolica considera morto un paziente che giace profondamente incosciente per alcuni giorni senza miglioramento, si legge:
“Per ciò che riguarda l’accertamento del fatto nei casi particolari, la risposta non può derivare da alcun principio religioso e morale e, per tale aspetto, essa non cade sotto la competenza della Chiesa. Nell’attesa, la risposta rimarrà, dunque, sospesa.”
Crediamo che non sia necessario nessun ulteriore commento, a parte il sottolineare la drammatica involuzione delle gerarchie cattoliche e la strumentalizzazione politica che Berlusconi e i suoi sodali stanno facendo del caso Englaro.