Jean Pisani-Ferry,
uno Stranamore dell’economia
Il consigliere di Macron si è sempre mosso in quel milieu socialista che ha tanto screditato il concetto di sinistra da allontanare gli elettori in quasi tutta Europa. Discutendo di ipotesi di studiosi tedeschi sull’uscita di un paese dall’euro butta lì che “tecnicamente” sarebbe semplice, basterebbe che la Bce chiudesse i rubinetti. Poi scarta l’ipotesi, ma non in linea di principio, solo perché provocherebbe danni a tutti
(pubblicato su Repubblica.it il 5 apr 2018)
Jean Pisani-Ferry è un economista francese che si è sempre mosso in quel milieu socialista che ha tanto screditato il concetto di sinistra da allontanare gli elettori in quasi tutta Europa. Consigliere di Pascal Lamy, il capo di gabinetto di Jacques Delors quando questi era presidente della Commissione europea (poi Lamy sarà commissario e poi direttore del Wto). Quando il loro epigono Francois Hollande diventa presidente della Repubblica, Pisani-Ferry non gli fa mancare i suoi consigli, ma sale alla ribalta soprattutto con Emmanuel Macron, del cui programma economico è stato tra i principali estensori.
Ce ne occupiamo per un suo articolo apparso su Project syndicate, scritto per commentare la situazione dell’Unione dopo le elezioni italiane. “Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno ora deciso di risolvere le loro divergenze e presentare una roadmap di riforma congiunta entro luglio. Ma non possono ignorare i cambiamenti portati dalla vittoria schiacciante dei partiti anti-sistema italiani. Fino ad allora, il populismo era sembrato contenuto. Ora è diventato diffuso”. Questo l’esordio.
Dato per scontato che presentare una roadmap di riforma dell’Ue sia affare di Merkel e Macron, il nostro passa ad esaminare i rischi della nuova situazione. “Cosa garantirà che i partecipanti dell'Eurozona si comportino bene? È ciò di cui la Germania è comprensibilmente preoccupata. Qualunque riserva si possa avere sull'ossessione fiscale tedesca, le regole del gioco sono necessarie per affrontare l'insostenibile accumulo di debito pubblico in un'unione monetaria”. Certo, la Germania sarà un po’ ossessiva, ma il grande problema dell’Ue sono i debiti pubblici. Non una quindicina di milioni di disoccupati, non la precarietà che dilaga, l’aumento delle povertà, la scandalosa crescita della disuguaglianza: quello che è “insostenibile” sono i debiti pubblici. Chi non lo capisce – è evidente – è un populista.
“Se nessuno sa cosa accadrà se un paese non si comporta bene, l'aspettativa potrebbe essere che i debiti saranno monetizzati - a un alto costo inflazionistico”. Perché, naturalmente, la monetizzazione del debito porta automaticamente a scatenare l’inflazione: sì, è vero che le banche centrali più importanti del mondo stanno monetizzando da anni e siamo sempre lì sulla soglia della deflazione, ma sicuramente questa è l’eccezione che conferma la regola, non è vero?
Ma è il passaggio successivo quello che gli fa meritare la qualifica di sedizioso. In una conferenza a Berlino (toh…) “famosi studiosi tedeschi” hanno detto che solo la minaccia di un’uscita forzata dall’euro potrebbe imporre la disciplina ai “membri ribelli”. “Tecnicamente, ciò non sarebbe difficile da implementare. Per forzare un paese negligente, la BCE potrebbe semplicemente scollegare il suo sistema bancario dalla liquidità in euro. Ciò è quasi accaduto nel 2015, quando la Grecia era sull'orlo dell'uscita (…)”.
A parte che non è “quasi” accaduto: è accaduto. Dall’11 febbraio la Bce non accettava più i titoli greci a garanzia dei finanziamenti. Restava solo l’accesso alla liquidità d’emergenza, concesso con il contagocce e da rinnovare a scadenze brevissime, tanto per rendere insopportabile la pressione su Atene, che stava disperatamente cercando di trattare con un inflessibile Schäuble mentre gli altri leader europei, Renzi in testa, si pronunciavano in soccorso del più forte. Già allora notammo che questo comportamento della Bce costituiva un inaccettabile condizionamento della trattativa politica in corso. Ma all’epoca, almeno, c’era la scusa formale (giova ripeterlo: inaccettabile nella sostanza) che i titoli greci erano stati declassati al di sotto dell’investment grade. Ora, invece, Pisani-Ferry butta lì la possibilità come se si trattasse di un normale strumento utilizzabile alla bisogna. “Semplicemente”.
Subito dopo Pisani-Ferry esclude questa possibilità, ma non per una resipiscenza di principio, solo perché – e qui ha ragione – sarebbe dannosa non solo per il paese “punito”, ma per tutta l’eurozona. Come dire: siccome non mi stai a sentire potrei ucciderti, ma, pensandoci bene, poi mi potrebbero dare l’ergastolo, quindi è meglio di no. Ma perché me ne verrebbe un danno, non perché un omicidio non è una bella cosa.
Posizioni di questo tipo sono l’ennesima prova che siamo da tempo in mano non solo a politici incapaci (o forse meglio: capacissimi nelle politiche reazionarie), ma anche agli Stranamore dell’economia.