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 Scuola Riduci

Ti insegno l'ignoranza
In un libro di testo di storia per la terza media ci sono in un solo paragrafo superficialità, falsità, errori e giudizi demenziali. Pare che sia molto diffuso, e non stupisce: lo pubblica Mondadori, il maggiore editore italiano, per cui l'autrice ne ha scritti altri 31. Se roba del genere può circolare nella scuola dell'obbligo, decisamente c'è un grosso problema

(pubblicato su Repubblica.it il 9 gen 2016)

Ma cosa insegnano ai nostri ragazzi? Un amico economista ha postato su Twitter la foto di un brano del libro di testo di storia di suo figlio, terza media. Ebbene, era difficile condensare in così poche righe tanta ignoranza, superficialità, falsità, errori e giudizi demenziali. E' di qualche piccolo editore che magari è riuscito a inserirsi nel ricco affare dell'editoria scolastica grazie a qualche amicizia o chissaccosa? Niente affatto, è del maggiore editore italiano, la Mondadori.  Un asino che insegnaE pare che sia anche un testo molto diffuso. L'autore - che è un'autrice - è uno storico di professione? Non risulta. Si tratta di Vittoria Calvani, della quale non sono reperibili biografie in rete e non sembra essere in forze in qualche università. Però con la Mondadori ha pubblicato ben 32 libri: se la qualità è la stessa che si deduce dal brano che abbiamo visto, stiamo freschi: ai ragazzi stiamo insegnando l'ignoranza. Ma ecco il brano-capolavoro.

Il paragrafo pieno di errori

Dalla fricassea di queste frasi affastellate, da cui a un povero studente non è dato nemmeno di capire se si è passati disinvoltamente dal periodo fascista al resto del secolo (l'accenno alla nazionalizzazione elettrica farebbe pensare un salto di trent'anni), si deduce chiaramente che il dramma dell'Italia è stato la nascita dell'Iri, "baraccone burocratico e corrotto" che ha schiantato lo spirito d'iniziativa dei capitalisti nostrani (e del quale viene pure sbagliato il nome: la "I" sta per "industriale", non "italiana"). Subito dopo si parla di "un movimento di destra", quindi siamo forse ancora nel periodo fascista: in tal caso l'autrice ignora anche che l'Iri rilevò sì anche azioni di industrie elettriche, ma solo perché cedutegli dalle banche che stava salvando, mentre la nazionalizzazione delle industrie elettriche fu attuata solo nel 1962, quando il fascismo era finito da un bel po'. Difficile dirlo, perché non si capisce nemmeno di quando stiamo parlando.

Facciamo un confronto con un testo scritto da storici veri, il manuale di Giardina-Sabbatucci-Vidotto edito da Laterza, sperando che a nessuno venga in mente di obiettare che è per i licei: non è che nella classi precedenti si sia liberi di raccontare assurdità. Ecco la pagina comparabile.

Il manuale di Giardina-Sabbatucci-Vidotto

 

Si nota qualche differenza, no?

Stendiamo un velo pietoso sulle altre demenziali affermazioni, come quella che - sempre per colpa dell'Iri - in Italia ci sarebbe scarsità di imprese piccole e medie. Ma come si fa a commentare un tale cumulo di insensatezze?

Non sappiamo come prosegua il libro, ma in quelle poche frasi ci si scaglia contro "lo statalismo" e quello che fu un salvataggio di banche e imprese che altrimenti sarebbero fallite viene definito "una limitazione della libertà d'impresa". Non sappiamo dunque se si dica in seguito che quel carrozzone "burocratico e corrotto" dell'Iri fu protagonista, nel dopoguerra, insieme ad un'altra azienda pubblica come l'Eni, di quello che fu definito "il miracolo italiano" e che resta uno dei maggiori successi nella storia dell'economia. Un miracolo che in pochi anni fece di un paese dove la metà degli occupati lavorava nell'agricoltura ed era uscito quasi completamente distrutto dalla guerra una delle maggiori potenza economiche mondiali, destinato ad essere accolto, quando fu costituito, nel G7, il gruppo che riuniva appunto i sette paesi più industrializzati del mondo (alla faccia dell'"industrializzazione mancata", e "definitivamente", per colpa dell'Iri!). Non lo sappiamo, ma certo se quella è la premessa c'è poco da sperare.

La sola cosa che si riesce a pensare, preso atto che questo è un manuale pubblicato dal nostro più importante editore e che è adottato come testo nella scuola statale dell'obbligo, è la proverbiale frase: "Houston, abbiamo un problema".

 


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