S’i’ fossi Prodi…
I dodici punti su cui il presidente ha impegnato la maggioranza che poi gli ha rivotato la fiducia hanno un significato simbolico oltre che programmatico. Ma ci sono almeno quattro problemi, di grande importanza, che andrebbero affrontati subito, proprio perché il governo oggi appare a rischio: ora o mai più (o almeno, chissà quando)
(pubblicato su Eguaglianza & Libertà il 1 mar 2007)
I dodici punti di Prodi, su cui ha avuto l’accordo della coalizione e poi una fiducia al cardiopalmo al Senato, hanno senz’altro un significato simbolico oltre che programmatico. Enunciano infatti i problemi sui quali ci sono più mal di pancia all’interno della maggioranza: l’Afghanistan e Vicenza, le pensioni, la Tav. E’ stata forse la miglior mossa tattica che il premier potesse fare, in quel momento e in quella situazione. Non vorremmo però che l’ordine di presentazione esprimesse anche le priorità che il governo intende seguire. Non vorremmo perché fra quei punti compaiono anche vistosi buchi.
Non ci si riferisce, qui, ai Dico (o comunque li si voglia chiamare): quell’assenza è stata talmente sottolineata che è inutile ripeterlo ancora, anche se si resta esterrefatti di fronte all’integralismo e alla prepotenza di una così larga parte dei cattolici italiani e della gerarchia vaticana quasi compatta. Ma se potessimo partecipare al primo consiglio dei ministri dopo la rinnovata fiducia parlamentare faremmo più o meno il seguente discorso.
“Cari amici, che questo governo avrebbe avuto una vita complicata lo sapevamo fin dall’inizio, quando abbiamo visto qual era la situazione al Senato. Con la sua legge elettorale il Polo ha raggiunto perfettamente il risultato che del resto aveva esplicitamente dichiarato, quello di rendere il paese quasi ingovernabile (alla faccia del “senso di responsabilità” con cui i suoi esponenti si sciacquano la bocca ogni dieci minuti). Oggi ci siamo, domani chissà, visto che basta un Turigliatto qualsiasi per mandarci sotto. Ma finché ci siamo, affrettiamoci a realizzare alcuni punti fondamentali del programma sui quali, oltretutto, c’è assai più accordo che su altri argomenti. Sono quattro punti, su cui da domani – anzi, da oggi stesso – bisogna impegnare con tutte le loro forze il governo, i gruppi parlamentari e i partiti della coalizione.
1) Il conflitto di interessi. Abbiamo sbeffeggiato Berlusconi perché non aveva presentato una legge entro i primi cento giorni, come aveva promesso. Bene, dalle elezioni che abbiamo vinto di giorni ne sono passati ormai 330, e ancora non abbiamo concluso nulla. Vogliamo fare il bis del precedente Prodi-D’Alema-Amato? Vogliamo non farne nulla, così se la prossima volta rivince Berlusconi ci possiamo togliere la bella soddisfazione di rinfacciargli continuamente il problema? Vogliamo affidarci a un eventuale governo istituzionale- pre elettorale che si farebbe se andiamo in crisi un’altra volta? Allora sì che staremmo tranquilli…
2) La riforma televisiva. Qui il primo passo è stato fatto. C’è il progetto Gentiloni, che non sarà perfetto, conterrà dei punti discutibili, ma di sicuro è un netto progresso rispetto alla situazione attuale. Vogliamo accelerare, arrivare al dunque, o traccheggiamo in attesa che arrivi un’altra crisi?
3) Le leggi sul lavoro. Ci siamo riempiti la bocca per cinque anni sulla precarizzazione, sui problemi dei lavoratori discontinui e di quelli che si trovano nella fasce più deboli del mercato. Bene, ora tocca a noi: i soldi ci sono, la Confindustria ha già avuto i suoi regali e comunque ci vorrebbe cacciar via a prescindere, non c’è neanche bisogno di tante mediazioni. Se protesteranno come i tassisti e i notai, ebbè, ce ne faremo una ragione.
4) La riforma della giustizia. Qui il malato è grave e la terapia complicata. Ma vogliamo almeno correggere di corsa i provvedimenti più scandalosi del precedente governo? O ci limitiamo ad aspettare qualche altra sentenza della Corte Costituzionale?
Cari amici, certo non sono solo questi i problemi del paese. Ma tutti e quattro hanno una particolarità: se non li affrontiamo noi, subito, con una coalizione di centro-sinistra, o le cose restano come sono – cioè pessime – o in alternativa possono anche peggiorare. Impariamo da Berlusconi, lui sì che aveva chiare le sue priorità: quando una legge gli serviva, non c’era altro che potesse metterla in secondo piano”.
Ecco, queste sono le poche cose che diremmo. Quattro punti su cui, a quanto è dato di sapere, non ci sono nemmeno differenze di posizione insormontabili nell’intero arco che va da Clemente Mastella alla cosiddetta sinistra radicale. E realizzare i quali avrebbe sicuramente un effetto tonificante sulla tenuta della maggioranza e del governo, a parte il fatto che sono comunque importanti per il paese. Sospettiamo che persino il senatore Turigliatto, la cui coscienza è tanto grande da lasciare poco spazio al cervello, forse avrebbe un po’ più di esitazione prima di far cadere di nuovo il governo.