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 Cronache

Spiriti animali
Dal passato anche recente di Berlusconi continuano ad emergere gravissime
irregolarità. In Francia un ministro si è dimesso
per una casa in affitto troppo cara, in Italia si fa finta di niente
(pubblicato su Eguaglianza & libertà il 2 mar 2005)

Non è da tutti diventare miliardari. E certo chi ci riesce possiede in abbondanza quegli "spiriti animali" da capitalista che sono indispensabili allo scopo. Che, anzi, fanno sì che il proprio scopo prenda il sopravvento su tutto e guidi ogni comportamento. Se poi ogni tanto bisogna prendere qualche scorciatoia, aggirare qualche norma o qualche legge, eluderla, persino infrangerla, pazienza: quel che conta è il risultato. Di sicuro Silvio Berlusconi appartiene a questa razza. Lo dice, anzi lo grida, tutta la sua storia, da pianista sulle navi da crociera a uomo più ricco d'Italia e presidente del Consiglio.
 
Ma proprio in questi giorni altri pezzi di quella storia stanno venendo alla luce, e non sono edificanti. Un documentato articolo su L'espresso datato 3 marzo ricostruisce, sulla base di un dossier preparato da due pubblici ministeri di Milano, una girandola di irregolarità e di illegalità durata anni, e non solo prima che Berlusconi si desse alla politica, ma anche dopo, anche quando era già presidente del Consiglio.
 
Un intrico di società in paradisi fiscali, alcune delle quali mai apparse nei bilanci Fininvest, di faccendieri, di prestanome, tutti direttamente controllati da Berlusconi in persona; costituzione di fondi neri per centinaia di miliardi di lire una parte dei quali, secondo i pm, sarebbero passati dalle casse della società alle tasche di Berlusconi e dei suoi figli. La testimonianza di David Mills, avvocato inglese che è stato il principale artefice della costruzione della ragnatela finanziaria, che, dopo averlo negato per anni, messo alle strette da prove documentali ha dovuto ammettere che Berlusconi era perfettamente al corrente dell'esistenza della società All Iberian, quella che ha versato 21 miliardi a Craxi e 434.000 dollari a Previti che li ha poi girati al giudice Squillante.
 
In Francia si è appena dimesso il ministro dell'Economia, giovane rampante che tutti cominciavano a indicare come il delfino di Chirac, perché "beccato" da un giornale satirico ad aver preso in affitto, a spese dei contribuenti, una casa troppo cara. Berlusconi a dimettersi non ci pensa neanche, ma la cosa stupefacente non è questa, è il fatto che nessuno glielo chieda, né tra gli alleati, né dall'opposizione.
 
Il problema è tanto più serio perché Berlusconi fa politica come ha sempre fatto gli affari. Prendiamo per esempio la legge cosiddetta "salva-Previti": per evitare la galera al suo sodale il nostro se ne infischia di sfasciare il sistema giudiziario, tanto che Giuseppe D'Avanzo, su Repubblica, ha fatto una proposta paradossale: si faccia una legge ad personam, in cui si dice che Previti non deve andare in prigione, almeno lo scopo sarà raggiunto senza provocare altri gravissimi danni. Paradossale? In fin dei conti, mica tanto…
 
O prendiamo l'ultima uscita che ha provocato una netta reazione del capo dello Stato, quando ha invitato Ciampi a firmare le leggi senza stare a sentire "le sirene della sinistra". Ma insomma, deve aver pensato il Cavaliere, ma che vuole questo Ciampi? Io sono il capo, faccio le leggi, il "mio" Parlamento le approva, e lui vuol mettere bocca? Che la Costituzione assegni al capo dello Stato un compito di controllo non formale, deve sembrargli un increscioso inciampo. Da superare in un modo o nell'altro, come ha sempre fatto con tutte quelle fastidiose regole sui bilanci e il fisco.
A pensare che un paese civile possa trovarsi in queste condizioni sembra di sognare. Ma purtroppo non sogniamo, è proprio così.

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